Napoli vuole vedere il sangue (come insegna il miracolo di San Gennaro)
POSTA NAPOLISTA - Non saprà e non vorrà mai farsi ragione di una squadra che pianifica con avvedutezza per stare e restare nell'élite del calcio italiano
KONTROLAB - Monsignor Vincenzo De Gregorio holds a vial containing the blood of San Gennaro to celebrate the martyred Patron Saint of Naples as faithful wait to see if the saint’s dry blood liquifies in a so-called miracle that means the city will be protected, amid the coronavirus disease (COVID-19) outbreak. Monsignor Vincenzo De Gregorio tiene in mano una fiala contenente il sangue di San Gennaro per celebrare il santo patrono martire di Napoli mentre i fedeli aspettano di vedere se il sangue secco del santo si liquefa in un cosiddetto miracolo che significa che la città sarà protetta, in mezzo al coronavirus (Epidemia di covid19.
Non capirà mai nulla di Napoli chi cercherà di collegare le vicende della sua squadra di calcio alle aspirazioni della città e di chi la abita.
Eppure quest’associazione binaria, questa concatenazione di causa ed effetto, provano da sempre a dimostrarla in tanti, puntualmente in troppi: penne accorsate di intellettuali scafati nell’arte di prendere il polso al popolo, elzeviristi à la page, arrampicatori della colonna stampata rotti a qualsiasi gioco di porte girevoli per ritrovarsi nel salotto buono a dettare l’ordine del giorno. Ogni volta che la si inietta, quest’ossessione di descrivere le vicende della città e della sua squadra di calcio come un’osmosi virtuosa diventa moneta, successo, riconoscimento, credito: la voglia di riscatto della città e il mandato che ne deriva alla squadra di veicolarne la buona riuscita.
Come Curzio Malaparte scrisse ne La pelle, un libro da cui trasuda una passione vera e non da cartolina per la città, un libro cui non mancò neppure l’onore di attirarsi gli strali di Giovanni Ansaldo, primo direttore del Mattino uscito dal dopoguerra sconocchiato come la città, a Napoli è riuscito di sopravvivere al declino del mondo antico, come non è riuscito a città come Ilio, Ninive o Babilonia: viene fatto di credere che, diversamente da queste città, che sacrificarono il proprio sangue fino ad essere cancellate dalla storia, Napoli ha sempre desiderato vedere scorrere il sangue e insieme fare salvo il proprio.
Che cos’è mai, altrimenti, il miracolo di San Gennaro, se non l’occasione per ripetere tre volte all’anno, davanti alle maggiori autorità civili e religiose della città – parimenti genuflesse – che la massima aspirazione della città è vedere un grumo impietrito e dimenticato dalla storia sciogliersi in un liquido rosso, caldo e vitale? E che tanto basta a sfamarla, assecondarla, placarla, almeno fino alla prossima volta che pretenderà di ottenere ragione?
Napoli vuole vedere il sangue e come tale non saprà e non vorrà mai farsi ragione di una squadra che pianifica con avvedutezza per stare e restare nell’élite del calcio italiano, provando a prendersi delle soddisfazioni anche in Europa.
Solo a Diego riuscì di portare la squadra e la città in un sentimento identitario che non si ripeterà mai più e questo fu possibile per il lato oscuro di Diego, la sua insana passione a fare strame fuori dal campo del divino che mostrava in campo. Solo grazie a lui, per una sola ed unica volta, Napoli seppe essere uno con il Napoli: la voglia della città di vedere il sangue fu sfamata, assecondata, placata da un ragazzo divino che non riuscendo a trovare avversari intorno a sé, pretese di scovarli nel suo cono d’ombra. Proprio come la città, che oggi, dietro la devozione misticheggiante alla sua memoria, nasconde la brama indicibile di sentirsi legittimata a restare se stessa. Senza sussulti, né ripensamenti.
di Gianluca Grazioli - POSTA NAPOLISTA - Gravina sbaglia di tutto, esonera Spalletti senza avere il successore, non si assume una responsabilità, e il giornale di Milano attacca Ranieri
di don Giampaolo Centofanti - POSTA NAPOLISTA - Il vuoto sociale produce conseguenze. I giovani a scuola non vengono orientati a cercare in cosa credono. Oggi il calcio è autoreferenzialità e politicamente corretto
di Raffaele Sannino - POSTA NAPOLISTA - È evidente il cambio di politica aziendale. Il presidente giustamente punta, nei prossimi anni, a vendere il Napoli alla cifra che merita. Con i fondi capiremo il termine pappone
di Il Catenaccista - POSTA NAPOLISTA - Lo scudetto più operaio. Vinto da leccese che tradisce l’accento pugliese solo dopo la vittoria. L'urlo “Campioni campioni” tra i ghiacci
di Valerio Finizio - POSTA NAPOLISTA - Il racconto di una giornata particolare: dalla lezione universitaria allo sciopero dei trasporti, fino all'apparizione del Maradona
di Attilio Pollio - POSTA NAPOLISTA - Spesso cambiavo canale, tanto dopo dieci minuti non era cambiato granché. Anche a Torino si stufarono di Allegri nonostante vincesse
di Giovanni Cioffi - POSTA NAPOLISTA - Per divertirsi, dice bene Allegri, fai altro, non vai al campo. De Laurentiis merita solo elogi, proprio come Conte
di Vincenzo Fusco - POSTA NAPOLISTA - Il vero miracolo è quello di De Laurentiis, non il suo. Esiste soltanto il suo ego, il suo gioco è superato. Vincere non è l'unica cosa che conta
di Marcello Iadevito - POSTA NAPOLISTA - Lotta punto a punto, sudore, ambiente ostile, ritorno all'essere underdog, pressione e adrenalina. La fotocopia del 2006