Il Foglio: Non è sovranismo da quattro spicci sottolineare la carestia dei gol italiani in Serie A

Delle prime 4 della scorsa stagione, nessuna ha ancora schierato titolare un italiano in attacco. Non era mai successo che una giornata di A si concludesse con un solo gol italiano: è successo con Berardi al Lecce

Berardi

Reggio Emilia 23/10/2021 - campionato di calcio serie A / Sassuolo-Venezia / foto Image Sport nella foto: Domenico Berardi

L’edizione odierna del Foglio Sportivo, in un articolo a firma Pastore, riporta le lancette alla prima giornata del campionato 2003-2004. Ci furono 20 gol italiani: segnarono Vieri, Del Piero, Di Vaio, Di Natale, Fiore, Materazzi. Totti non segnò perché era squalificato. In meno di vent’anni – scrive Pastore – siamo passati da venti ad uno: il sinistro al volo di Berardi al Lecce. «Nella storia della Serie A – si legge sul Foglio – non ha precedenti il caso di un intero turno di campionato con una sola rete italiana».

Non è sovranismo da quattro spicci sottolineare che abbiamo un problema. Meno del 20 per cento dei gol segnati nelle prime due giornate di Serie A (9 su 47) è italiano. Un problema solo nostro? Nonostante il mercato globale, le percentuali salgono sensibilmente negli altri top campionati europei: 28,4 per cento in Premier League, 34,9 in Bundesliga, addirittura 49 nella Liga spagnola. La malinconia di Italia-Macedonia è ancora ben stampata sulle retine per dimenticarci che in questo periodo storico abbiamo un grosso problema di attaccanti: tra i calciatori attualmente in Serie A il capocannoniere italiano sotto i 27 anni è Federico Chiesa, fermo ormai da nove mesi, mentre per trovare un centravanti puro bisogna scendere fino ai 24 gol di Pinamonti. Scamacca è volato al West Ham, ma fin qui in campionato ha raggranellato tre panchine su tre; Lucca ha segnato con l’Ajax, sì, ma si trattava della seconda squadra.

Gli italiani nemmeno giovano.

Delle prime quattro della scorsa stagione, nessuna ha ancora schierato titolare un italiano con qualità vagamente offensive. Ma, a parte il Monza italianissimo anche – sospettiamo – per ragioni politiche, l’esterofilia è ormai dilagante anche in zona-salvezza, dove i vari Ceesay, Dessers, Botheim, Nzola, Lammers, Okereke svolgono il lavoro che “gli italiani non vogliono (o non sanno) più fare”.  La carestia di gol procede di pari passo con il calo progressivo delle semplici presenze, in tutti i ruoli: nelle prime due giornate i titolari italiani sono stati solo il 33,9 per cento – tre anni fa erano il 40, cinque anni fa il 47, eccetera.

La soluzione potrebbe essere la riforma sponsorizzata da Gravina, sul modello tedesco? Non è chiaro. Di sicuro il Decreto Crescita non ha aiutato. Marchetti di Sky fa un esempio, riportato dal Foglio.

«Prendiamo due attaccanti di valore e ingaggio equivalente, per esempio il francese Thomas Henry e l’italiano Bonazzoli: se tutti e due guadagnano – mettiamo – un milione di euro netto, per effetto del decreto Crescita Henry costerà 1,7 lordi e Bonazzoli invece 2, quindi sarà economicamente più conveniente comprare il francese»

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