Don Fortunato Frezza al Messaggero: «I Friedkin hanno smantellato la cappella per fare spazio agli uffici. Non so nemmeno che fine hanno fatto gli arredi liturgici»
Il Messaggero intervista don Fortunato Frezza. Ex cappellano a Trigoria, ha 80 anni: è stato nominato cardinale da Papa Francesco. Con la Roma non ha più rapporti come prima.
«Sono anni che non vado all’Olimpico. Guardo le partite da casa oppure le ascolto alla radio. In tribuna sono stato solo un paio di volte: mi regalò dei biglietti Luciano Spalletti, con il quale ho mantenuto buonissimi rapporti umani».
Che rapporto ha un cappellano coi giocatori?
«Fino ad alcuni anni fa andavo a Trigoria il sabato pomeriggio, quando la Roma giocava in casa, e celebravo la messa. Lì avevo modo di parlare con loro. Mi mettevo in ascolto. Purtroppo questa prassi si è interrotta con l’arrivo della precedente gestione americana. La cappella inaugurata e benedetta durante il Giubileo del 2000 è stata smantellata. Volevano ricavare lo spazio per degli uffici. Le dico questo senza alcuna vena polemica, del resto non avrebbe senso e non voglio interferire. Ho solo una certa pena nel cuore. Non so che fine abbiano fatto gli arredi liturgici, i calici, l’altare. Ricordo però con tanto affetto quando venivano tutti a messa. Il presidente, gli allenatori, i calciatori, a volte con le famiglie. Anche Nils Liedholm nonostante fosse protestante. Accompagnava la moglie cattolica. Simpaticissimo».
Su Mourinho:
«Josè Mourinho è un autentico prodigio, sa tirar fuori il meglio dagli atleti, anche da coloro che non hanno grandi qualità e sa metterli in campo al momento giusto, al massimo delle loro forze. Un pregio rarissimo..».
Quale è il calciatore che la ha fatta emozionare più di tutti?
«In assoluto Lionello Manfredonia era un epico difensore della Roma. Fu salvato mentre giocava a Bologna con meno 7 di temperatura, è caduto a terra con una interruzione del battito cardiaco, e fu salvato per miracolo. E poi Conti, Giannini, Carboni, Perrotta, Nela, Pruzzo, Tommasi che ora è sindaco a Verona. Ovviamente Totti resta il mio mito. Siamo entrati assieme nella Roma, lui aveva 14 anni, un talento innato».
Il calcio è un veicolo di valori positivi?
«Resta una risorsa preziosa. Trasmette il senso della solidarietà, del coraggio, della lealtà. Bisogna battersi con regole condivise. Insegna anche il valore ascetico dello sforzo fisico. E’ una palestra umana».