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Friedkin il presidente non-populista che ha fatto innamorare il popolo della Roma

I 36mila abbonamenti li ha fatti prima di Dybala. La Conference la vince, non la definisce coppetta. E ci costruisce una propaganda formidabile. Sa cos’è il marketing, e si vede

Friedkin il presidente non-populista che ha fatto innamorare il popolo della Roma
Mg Tirana (Albania) 25/05/2022 - finale Conference League / Roma-Feyenoord / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Jose’ Mourinho-Dan Friedkin

José Mourinho, Abraham, la Conference League, Dybala, forse uno stadio nuovo, l’amore. A Roma il presidente è un plurale molto maiestatis, al momento. “I Friedkin”. Una moltitudine d’uomo: figlio di, padre di, ma soprattutto solo Dan. L’americano silenzioso che in due anni ha teletrasportato la Capitale giallorossa in una sovradimensione glitterata, eccitata da se stessa e dalle opzioni di successo che ha davanti. Lo amano e non l’hanno mai sentito fiatare. Ai Parioli, quando è in città, di tanto tanto ordina da asporto, senza pacchianare più del dovuto, anzi: si muove, quasi scompare, per sottrazione. Nel frattempo accumula credito per interposta persona. Facendo credere che stia delegando alle altrui capacità, mentre il suo mondo gli riconosce il merito di tutto. Se Roma in questo momento ambisce – tanto, tantissimo – lo deve a Dan Friedkin, il presidente-non populista che ha battuto il populismo sul suo stesso campo da gioco: i sentimenti.

All’indomani della virata romana di Dybala da queste parti si fa una certa fatica a non paragonarlo a De Laurentiis. È quasi la sua nemesi. Tanto è svaccato uno tanto è mimetico l’altro. Entrambi hanno investito nel calcio del sud e nel cinema, ma uno dirige il suo club da protagonista mangiafuoco e produce cinepanettoni, l’altro si muove nell’ombra e con la 30WEST si dedica ai film indipendenti. Sono due rette divergenti.

Ma attenzione: l’affare-non affare Dybala rischia di evidenziare una realtà già abbagliante. La Roma ha incassato 36mila abbonamenti PRIMA che acquistasse l’argentino, in una inversione di causa ed effetto che qua a Napoli fatichiamo a razionalizzare, visto che la campagna abbonamenti manco è cominciata. Perché l’operazione di mercato ad alto impatto mediatico è sì un’incognita (la clausola bassa lo rende quasi un prestito) ma fa parte di una strategia quasi olistica di crescita del club. Mentre i tifosi cantilenano la manna d’attacco Zaniolo-Pellegrini-Dybala-Abraham, dietro le paratie si nascondono meccanismi efficienti di gestione d’una macchina complessa.

Friedkin ha ingaggiato Mourinho e l’ha innescato, l’ha nutrito, lo ha appoggiato. Stando zitto, peraltro. Ha lasciato che l’allenatore facesse i suoi numeri, agisse da calamita, si rendesse indispensabile, attizzasse gli istinti della “piazza”. È la storia della scorsa stagione: quando gli inciampi coi “salmonari” furono riciclati in epica, col trionfo finale. Mai Friedkin s’è sognato di svilire la nuova competizione Uefa definendola “coppetta”, per continenza innata ma anche per calcolo commerciale: se la vinci, la “coppetta”, poi come te la rivendi? Ecco l’altro tratto dirimente tra Friedkin e De Laurentiis: l’autolesionismo. L’americano – da buon texano pragmatico – non sa cosa sia, sbaglia e ne trae lezioni. Il romano-napoletano si ostina a prendere “pali”: prima quello con la “brutta” della scuola Dybala – nella meravigliosa metafora liceale – poi quello preterintenzionale con Deulofeu. Entrambi giustificati con la decadente scusa tattica: “Spalletti vuole fare il 4-3-3…”. La volpe e l’uva, la figuraccia invece dell’onestà. Sono gusti, eh.

Persino la questione infrastrutturale apparenta queste due dinamiche in opposta direzione. Lo stadio. L’iter del nuovo stadio della Roma è ancora lunghissimo, ma il giorno stesso in cui la coppa della Conference League fu portata all’Olimpico, club e Campidoglio uscirono con un comunicato congiunto per ufficializzare la scelta di Pietralata come sito per la nuova opera. Con tanto di cronobiettivo: inaugurarlo entro il 2026. A Napoli lo stadio è un monumento all’inevitabilità, volente o nolente. A Roma Friedkin può intestarsi anche una breccia nell’inscalfibile burocrazia capitolina. Un miracolo in potenza. Senza mai dire una parola.

Andrebbe dato un senso alle fregole estive della Roma. Al senso di onnipotenza che li pervade, mentre a Napoli mescoliamo depressione e afa. All’abilità di una società di avvicinare la sua gente affascinandola, attraendola, coccolandola, chiamandola retoricamente in battaglia pur inventandosele di sana pianta, alcune battaglie. Tutta la “cavalcata” di Conference League è una lezione di magistrale cantautorato di propaganda. Nel mentre – sotto, dietro, senza troppi ego a prendersi la scena – politiche accorte dei prezzi, campagne di comunicazione, progettualità, coerenza e idee chiare.

Chiedi ai romanisti chi è il Presidente Friedkin. Parleranno d’ “amore”. Per uno che hanno intravisto un paio di volte a malapena.

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