Nadal: «Farò delle radiofrequenze pulsate al piede per addormentare il nervo senza punture»
Alla Gazzetta: «Non ho mai pensato che avrei smesso di giocare a tennis, ma ora la prospettiva cambia: o risolvo il problema, o smetto»

Parigi (Francia) 05/06/2022 - finale Roland Garros / Nadal-Ruud / foto Imago/Image Sport nella foto: Rafael Nadal ONLY ITALY
La Gazzetta dello Sport intervista Rafa Nadal. A 36 anni ha vinto il suo 14esimo Roland Garros dopo aver giocato con il piede sinistro anestetizzato per superare il dolore che gli deriva dalla Sindrome di Mueller-Weiss, l’infiammazione
dello scafoide che lo tormenta dal 2005.
«Mi aspettavo di vincere 22 Slam o 14 Roland Garros all’inizio della mia carriera? Certamente no: l’obiettivo era solo quello di estrarre sempre il meglio dalle mie potenzialità. Non mi interessa essere il migliore, io voglio solo assecondare la mia passione. Ovviamente so che si tratta di un’impresa notevole, ma siccome sono umano e non vengo da un altro pianeta, se ce l’ho fatta io, in futuro potranno riuscirci anche altri giocatori».
Nonostante il dolore, dice, non c’è stato un giorno in cui ha pensato che non avrebbe più giocato a tennis.
«Sinceramente no. Perché tenevo troppo al Roland Garros, per tutto quello che ha rappresentato nella mia carriera, e quindi sicuramente ci avrei provato, sapendo che l’unico modo per farcela era quello di sottopormi alle infiltrazioni al piede. Ma adesso la prospettiva cambia, non voglio più trascorrere due settimane così: o risolvo il problema, o smetto».
Nei prossimi giorni comincerà un nuovo trattamento:
«Si tratta di curare il piede con radiofrequenze pulsate che dovrebbero addormentare il nervo per un tempo più prolungato e senza ricorrere alle punture. È una strada da percorrere, né io né i medici sappiamo se funzionerà fino a quando non l’avrò sperimentata, ma per natura io penso sempre positivo».
Intanto la gente si chiede come sia giocare con un piede addormentato…
«Fantastico (ride, ndr), sicuramente meglio della mia vita di tutti i giorni. L’anestetico dura sette ore, si tratta solo di abituarsi, dopo un po’ le dita del piede si risvegliano ed è l’unica cosa che può dare un po’fastidio. Però non hai dolore, e credetemi è una gran cosa».
Davvero il dolore al piede non l’ha mai condizionata durante le partite?
«Non posso permettermelo, se avessi pensato anche un solo istante che giocare avrebbe peggiorato la situazione o avrebbe potuto danneggiare la mia prestazione, ne sarei stato menomato psicologicamente, dunque non sarei sceso in campo. Si tratta semplicemente di accettare la realtà».
Si paragona al Real Madrid.
«Devo essere sincero, di tutte le Coppe dei Campioni che ho avuto la fortuna di vedere vincere al mio Real, questa è stata la più incredibile e in un certo senso più inattesa. Non paragonerei il calcio a uno sport individuale come il tennis, ma sono felice di riconoscermi nel Dna di quella squadra: lottiamo fino alla fine e non ci arrendiamo mai».
Dopo così tanti infortuni, com’è il rapporto con il suo corpo?
«Splendido. A parte il piede, fisicamente sto benissimo, forse come non mi sono mai sentito, le ginocchia sono a posto, recupero bene dalle fatiche. Ecco, ogni tanto mi capita di dire due paroline al mio piede».
Si è mai immaginato nella vita dopo il tennis?
«Sinceramente no, il tennis resta la mia priorità. Se dovesse accadere che non lo sia più, affronterò con serenità quei giorni».