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Il Napoli deve ridurre costi e ingaggi. Spalletti e i tifosi devono rendersene conto

Il resto sono favolette per bambini. Il Napoli può arrivare primo come settimo. Il tecnico decida se rimanere o meno

Il Napoli deve ridurre costi e ingaggi. Spalletti e i tifosi devono rendersene conto
Napoli 30/04/2022 - campionato di calcio serie A / Napoli-Sassuolo / foto Image Sport nella foto: esultanza gol Kalidou Koulibaly

Forse in tanti (tifosi, giornalisti, ex calciatori, allenatori, etc) non hanno ancora capito, non vogliono capire o fingono di non capire, che il Napoli (al di al di là della fisiologica esigenza, dopo anni di scelte fin troppo conservative, di rinnovare l’organico e affidarsi a gente nuova, con più stimoli e con una maggiore voglia di mettersi in evidenza), dopo due mancate qualificazioni consecutive alla Champions League e due anni e mezzo di pandemia che hanno arrecato un danno economico (mancati introiti) non di poco conto, necessita, come il pane, di ridurre i propri costi di gestione.

Ciò comporta che non solo non saranno acquistati sul mercato calciatori già fatti, che costano e guadagnano tanto, ma che anche i rinnovi di quelli già in organico dovranno obtorto collo essere fatti al ribasso, proponendo ai tesserati in scadenza rinnovi di contratto a cifre più basse di quelle attuali. Piaccia o no, questo vale per tutti, da Mertens a Ospina, da Koulibaly a Fabian Ruiz, etc, con buona pace di tutti i sostenitori azzurri ma anche dello stesso allenatore, il quale, consapevole delle esigenze societarie, deve scegliere se decidere di continuare a guidare una squadra fortemente rinnovata nell’organico e mettere in conto di perdere più di un big (coloro che, legittimamente, dovessero decidere di non accettare la politica contrattuale al ribasso che la società deve necessariamente adottare) e sostituirli con calciatori giovani e non del tutto esplosi, ossia le cosiddette “scommesse” (e che, in quanto tali, possono essere vinte ma anche perse…), oppure se, altrettanto legittimamente, non se la sente di allenare una squadra che, sulla carta, può arrivare tanto prima quanto settima (vedi Atalanta, che la scorsa estate, dopo tre terzi posti consecutivi, era da molti accreditata come una possibile outsider nella corsa scudetto e che invece è arrivata addirittura ottava)!

Nel primo caso (se dovesse optare per la permanenza), saremmo contentissimi di continuare con uno degli allenatori italiani, più bravi e preparati (soltanto gli stupidi possono affermare il contrario!), nel caso in cui, invece, non se la dovesse sentire, non lo biasimeremo affatto: se a Napoli, dopo un terzo posto e una qualificazione in Champions League conquistata dopo due anni di assenza, è stato letteralmente massacrato da un ambiente isterico e fin troppo uterino, non osiamo immaginare il trattamento che lo stesso ambiente dovesse riservargli qualora il Napoli dovesse classificarsi dal quinto posto a scendere, eventualità, questa, da mettere in preventivo quando una squadra viene profondamente rinnovata (e decide di affidarsi ad un gruppo composto da calciatori giovani e non ancora affermati).

Tuttavia, come è da mettere in conto che una squadra rifondata e composta da calciatori non di primissima fascia può anche arrivare sesta o settima, non è del tutto da escludere che la stessa possa addirittura vincere il campionato: vi è riuscito il Milan di Pioli (una squadra che, se si escludono Ibrahimovic e Giroud, annovera in rosa tantissime giovani scommesse, provenienti o dai vivai di squadre blasonate quali Real Madrid e Chelsea, o da squadre di seconda-terza fascia quali Lille, Anderlecht, Eintracht Francoforte, etc, o addirittura da squadre che solitamente sono coinvolte nella lotta per non retrocedere, come Brescia, Empoli e Crotone), vi è riuscito lo stesso Lille che, pur non essendo iscritto al novero delle cosiddette big, in Francia ha vinto il campionato (per due volte in dieci anni), nonostante le tante cessioni illustri (Osimhen, Leao, Pepè) e, prima ancora, è riuscito all’Atletico Madrid che dal 2010 al 2021 ha vinto due campionati spagnoli, tre Europa League e ha conquistato due finali di Champions League (una persa ai rigori e una ai supplementari) nonostante negli anni ha ceduto calciatori del calibro di Aguero, De Gea, Falcao, Diego Costa, Courtois, Arda Turan, Raul Jimenez, Mandzukic, Alderweireld, Miranda, Jackson Martinez, Carrasco, Theo Hernandez, Griezmann, Lucas Hernandez, Rodri, Godin, Morata, etc, la maggior parte dei quali sostituiti (almeno nei primi anni) da calciatori che, al momento del loro arrivo a Madrid, non erano ancora dei calciatori affermati (Diego Costa era un prodotto del vivaio, Oblak e Griezmann all’epoca non erano ancora i campioni che sono poi diventati negli anni a venire, etc).

Come visto, al contrario di ciò che sostengono in tanti, vincere rinunciando ai propri calciatori più rappresentativi e/o puntando su giovani scommesse, non è impossibile: è accaduto al Lille (contro il ricchissimo Paris Saint Germain), all’Atletico Madrid (contro le corazzate Real Madrid e Barcellona), ci è riuscito il “nuovo” Milan (con il quarto monte-ingaggi del campionato), potrebbe riuscirvi anche il Napoli. Certo, non è affatto semplice anzi, come visto, accade molto raramente, ma se non dovesse succedere, pazienza: il Napoli, per storia, blasone, bacino d’utenza, fatturato, ricchezza della città e quanto altro, non ha l’obbligo di vincere, il Napoli, non è e non sarà mai la Juventus, il Bayern Monaco, il Real Madrid, etc, e sbaglia chi vede nelle suddette società modelli da seguire/imitare. Se poi qualcuno non lo capisce o non vuole comprendere la reale dimensione del Napoli, problema suo. Il Napoli è questo, prendere o lasciare (vale per i “tifosi” e per gli allenatori), e non sarà un eventuale e da molti auspicato cambio di proprietà a stravolgere le cose: la Roma in questi ultimi anni ha cambiato più volte proprietario (Sensi, Di Benedetto, Pallotta, Freidkin), eppure ha ottenuto risultati inferiori al Napoli e lo stesso dicasi per la Fiorentina che è passata da uno dei maggiori imprenditori italiani (Della Valle), proprietario di marchi famosi in tutto il mondo quali Tod’s Hogan, Fay, etc, al fondatore di Mediacom (un’azienda che fattura oltre un miliardo e mezzo di dollari l’anno) eppure non ha fatto meglio del Napoli.

Questi sono i fatti, la realtà delle cose: le favolette raccontatele ai bambini (o a quegli adulti che hanno lo stesso quoziente intellettivo di un bimbo di sei anni!).

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