In base a quale criterio il Napoli sarebbe più forte di Milan e Inter?

Quella di Mertens è una frase da bar sport. Nel 90, a denti stretti, i milanisti si complimentarono con il Napoli. Il calcio è la terra dei cachi. Ma non può valere per tutti

Una scena del film

La differenza è tra lo sport e il bar sport. Nello sport, si gioca, si compete. Se si vince, si festeggia; se si perde, si stringe la mano all’avversario e si analizzano i motivi della sconfitta. Tra professionisti, è strano sentire dichiarazioni del tipo: “abbiamo perso ma siamo più forti di loro”. È una frase da tifosi.

La dichiarazione con cui Mertens dice che Inter e Milan non sono più forti del Napoli, è una frase da bar sport non da sport. Non da professionista dello sport. In aggiunta, è la frase che la piazza – appunto la platea da bar sport – vuole ascoltare. Abbiamo già scritto che benissimo ha fatto Spalletti a rispondergli. Ha fatto bene perché allora bisogna dire che cosa è mancato. Lo sport, a certi livelli, è un lavoro. E come tale deve essere affrontato e analizzato.

Al termine del campionato 89-90, quello della crisi isterica dei rossoneri a Verona, seppure a malincuore e a denti stretti, Gullit, Sacchi e Donadoni fecero i complimenti al Napoli. Non sappiamo quanto ci credessero fino in fondo ma lo fecero.

Quale sarebbe il criterio per cui il Napoli è da considerare più forte di Inter e Milan? Atteniamoci al Milan. Ci sono stati due scontri diretti. Ha sempre vinto la squadra fuori casa. Ma il Napoli non ha dominato a Milano e nel finale i rossoneri avevano anche pareggiato. Al San Paolo (per noi sarà sempre il San Paolo, perdonateci, e siamo certi che Diego la pensi come noi) non ricordiamo clamorose occasioni create dalla squadra di Spalletti.

A inizio anno il Milan era iscritto alla Champions, il Napoli all’Europa League. Il Milan ha affrontato Liverpool, Atletico Madrid e Porto. Il Napoli nei gironi se l’è vista con Legia, Leicester e Spartak Mosca. Il prossimo anno, dopo due stagioni di buio, anche il Napoli giocherà la Champions.

Michele Fusco, grande giornalista e conoscitore di calcio, diceva che il pallone è la terra dei cachi. Ciascuno può dire la sua. Inoltriamoci nella terra dei cachi. Del resto viviamo in una città in cui persone reputate intelligenti, gridano con convinzione che persino loro vincerebbero allenando il Real Madrid.

Torniama a bomba: quale sarebbe il criterio per cui Mario Rui è più forte di Theo Hernandez? O Rrahmani di Tomori. Facciamo salva la primazia di Koulibaly e Di Lorenzo (già qui non tutti i milanisti concordebbero), trovate qualche milanista che scambierebbe Tonali o Kessie con Zielinski e Anguissa? Secondo voi rinuncerebbero a Leao per Insigne? A Ibrahimovic o Giroud per Mertens? E stiamo lasciando fuori Bennacer, Brahim Diaz, Maignan (decisivo).

Ciascuno può dire la sua, siamo nella terra dei cachi. Terra in cui chi fa questo per lavoro non dovrebbe mai addentrarsi, altrimenti si sconfina nell’opinionismo. Si fa il salto della barricata. Si va in studio a commentare. È un altro lavoro.

Il Napolista ha ricordato che il Napoli ha vinto la stragrande maggioranza delle partite senza Mertens. Ha evitato di pubblicare il conto dei punti che i gol di Mertens hanno portato al Napoli (potete farlo da soli).

L’aspetto più singolare di questo surreale dibattito è che nessuno si pone la domanda: e se fosse stato Spalletti a portare il Napoli a giocare al di sopra delle proprie possibilità? Per giocare intendiamo vincere, fare punti. Non la conta dei passaggi (che pure sta a cuore al nostro allenatore). Prescindere dalla serie storica è esercizio semplice. È arduo stabilire che una squadra che nelle ultime due stagioni è arrivata settima e quinta, sia più forte di una piazzatisi seconda e prima, e un’altra sesta e seconda. È terra dei cachi. Altri sono più bravi (a parole) di Spalletti: erigono montagne di alibi tra settimane corte, Coppe d’Africa, infortuni, situazioni contrattuali incerte. C’è chi cavalca e chi no. Ma non può diventare un’aggravante per chi non fa il furbo.

E ci siamo fermati al campo. Uno scudetto è il frutto di tante componenti: giocatori, allenatore, ambiente e società. A parer nostro la componente del Napoli che ci ha creduto di più è stata l’allenatore. Evitiamo di fare paragoni con le milanesi a proposito delle altre componenti.

È comprensibile che persone al bar dicano quel che ha detto Mertens. Lo è decisamente meno, a nostro avviso, per chi ha fatto dello sport il proprio lavoro.

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