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Rassicuriamo le famiglie: D’Ambrosio e De Ligt sono sopravvissuti a Juve-Inter. La dignità no

Avvilenti pantomime, simulazioni agonistiche, teatro dell’assurdo. Chi bazzica altri sport, cambia canale o al massimo resta per derisione

Rassicuriamo le famiglie: D’Ambrosio e De Ligt sono sopravvissuti a Juve-Inter. La dignità no
Mg Torino 03/04/2022 - campionato di calcio serie A / Juventus-Inter / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Massimiliano Irrati

Danilo D’Ambrosio è vivo. Ma questo lo sapevate già. Lo sapevano tutti anche quando giaceva supino, inerte, al limite dell’area piccola mentre tutt’attorno gli giocavano a pallone indifferenti. Lo sapeva anche Samir Handanovic, suo compagno di squadra, che pur si sbracciava per richiamare il dramma agli occhi dell’arbitro, nella speranza che costui interrompesse la partita e si prodigassero i soccorsi. Ma il portiere seguiva il giro dell’azione, senza mai chinarsi al capezzale dell’amico. Starnazzava, questo sì. Ma mai uno sguardo. Poco più in là rantolava uno juventino coinvolto nello stesso scontro, che però aveva saldo il timone delle priorità: rialzarsi, consentire lo sviluppo dell’attacco, non perdere tempo. D’Ambrosio no. Era immobile sul prato, colpito da sospetta apoplessi. Infine l’arbitro, a scanso di equivoci ma anche lui ben consapevole della situazione, fermava tutto: si procedeva alla non-constatazione del decesso. D’Ambrosio, rianimato da un miracoloso buffetto sulla guancia, s’alzava e camminava come da vangelo del pallone. Un meccanismo consolidato.

Il bollettino dei miracoli dice che anche Matthijs de Ligt è vivo, e lotta insieme a loro. L’olandese, dirà poi il rapporto della scientifica, era svenuto in area in pieno recupero, colpito da un oggetto contundente, presumibilmente una carezza a mani nude. Solo la stazza e la preparazione atletica dell’uomo avevano evitato il peggio. Darmian, l’autore dell’efferata aggressione, è ancora a piede libero.

E Vlahovic? Perché nessuno chiede di Vlahovic? Guardate qua:

Il derby d’Italia è stato, anche, questa cosa qui: una farsa. La solita, peraltro. Ma val la pena di segnalare, una volta di più, che questa propensione alla simulazione agonistica, trasmessa al mondo grazie alle millemila tv “collegate” – che una volta certificavano lo splendore commerciale della Serie A e ora sono un decadente cliché – fa ridere solo noi. Chi bazzica altri sport, cambia canale o al massimo resta per derisione. Un tempo, senza la vivisezione quasi endoscopica delle telecamere, il dolo era “un trucco”. Nel 2022 non puoi pensare di passarla liscia, la figuraccia è fatale.

D’Ambrosio voleva semplicemente perdere tempo, congelare il vantaggio dell’Inter. Subìto il colpo, prima di arrendersi all’incoscienza si accerta che l’arbitro non abbia già fermato tutto, poi fa ciò che deve: perde conoscenza, perché con un corpo esanime lì in mezzo all’area non si può continuare. Il modo – quella palese immobilità che ben altri drammi richiama – è abbastanza disgustosa.

De Ligt invece cerca, altrettanto proditoriamente, un rigore della disperazione: la partita è quasi finita, la Juve è sotto 1-0, una mano ti sfiora, e tu deflagri come colpito da un cric in faccia. Ma il colpo di classe non è tanto l’istinto predatorio (i bambini crescono con quest’immaginario dell’improvvisazione furba, sanno che si fa così da sempre), quanto la reiterazione della pantomima a uso consumo della propria credibilità. Perché se lo fai, tocca farlo bene: resti a terra, urli, ti dimeni, e quando alla fine ti rialzi continui a massaggiarti la mascella anche dopo il fischio finale. Perché si sappia che quel dolore era appena sopportabile: un miracolo esserne usciti indenni. Una volta che entri nella parte poi devi restarci, è il metodo Stanislavskij. A casa, metterai il ghiaccio, e racconterai alla tua compagna, ai tuoi figli, di quanto sono fortunati a poteri riabbracciare. Che è tutto finito, solo un gran spavento.

Dice Zibì Boniek, a Radio anch’io sport:

Mi dà fastidio che giocatori di 90 chili, pieni di muscoli, siano così vulnerabili… basta che uno gli passa vicino e cascano come delle prugne. Non riesco a capire. Il calcio è uno sport di contatto. Anche in chiesa o in fila per fare la spesa se uno pesta il piede a un altro chiede scusa, nel calcio è rigore

Sono solo due macroscopici esempi. I due protagonisti della stessa messinscena, niente di inedito. Un divertissement avvilente, soprattutto se il contesto è propagandato come il manifesto del calcio italiano. Lo è, infatti. Un Bagaglino.

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