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Il merito di Spalletti è aver convinto i calciatori a sacrificarsi per il Napoli

Ha recuperato calciatori dimenticati e ha fatto sì che sia Zanoli sia Mertens si sentissero protagonisti e decisivi

Il merito di Spalletti è aver convinto i calciatori a sacrificarsi per il Napoli
Mg Milano 19/12/2021 - campionato di calcio serie A / Milan-Napoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti
Senza tre uomini a dir poco fondamentali – il bomber e i due giocatori di movimento ad aver accumulato più minuti nel corso del campionato – il Napoli espugna Bergamo. La squadra di Spalletti si impone sull’Atalanta motivata dalla rivalità dei suoi tifosi con quelli partenopei e dal giocarsi le residue chance di arrivare in Champions, un’avversaria che il Napoli aveva sconfitto solo una delle ultime otto volte che l’aveva affrontata. La vittoria al Gewiss Stadium ufficializza la legittimità del sogno di Insigne e compagni di conquistare uno storico scudetto: del resto, se quattro anni fa a sette giornate dal termine il Napoli era a quattro punti dalla Juve (e si sa come alla fine ci sia andato vicino e perché non ci sia riuscito), può benissimo sperarci adesso, sebbene questa volta le avversarie siano due.
Se il Napoli di Sarri si distingueva per l’organizzazione tattica che lo faceva giocare a memoria ed esaltava le doti tecniche di palleggio dell’organico allora a disposizione del tecnico toscano nato a Bagnoli, quello di Spalletti si caratterizza per la disciplina tattica che lo fa compattare difendendo con ordine coralmente in undici (ancora oggi il Napoli vanta la migliore difesa del campionato, un dato che in Italia tradizionalmente risulta decisivo) e per la fiducia cieca nelle proprie capacità. Un aspetto che permette alla squadra di Spalletti di inserire positivamente – pagando lo scotto di risibili differenze di rendimento – gli elementi della rosa che giocano di meno. Il gran lavoro sul campo e sulle menti dei giocatori del tecnico di Certaldo permette ad esempio di far fare una grande prova ad Alessandro Zanoli, che di questi tempi l’anno scorso giocava i play-out in Serie C e che prima della gara con l’Atalanta aveva 37 minuti di esperienza complessiva in Serie A, o di far correre senza sosta in uno sfiancante pressing il quasi trentacinqueenne Mertens per 90 minuti, nonostante non giocasse una partita intera da un mese e mezzo. Il Napoli non da quest’anno è protagonista assoluto in Italia: ha sempre avuto un organico molto forte e del resto nelle ultime dieci stagioni – pur cambiando cinque allenatori – si è piazzato quattro volte al secondo posto e due al terzo, vincendo tre coppe Italia e una Supercoppa.
La mano di Spalletti la si è vista non tanto nel fare lottare il Napoli per le prime posizioni nonostante una serie impressionante di infortuni (andrebbe approfondito il perché) e assenze per i più svariati motivi, quanto piuttosto nel rivalutare giocatori risultati decisivi a Bergamo: Elmas (ha già fatto il doppio dei minuti accumulati lo scorso campionato), Lobotka (nella Serie A 20-21 in campo solo 139 minuti), Mario Rui (messo da parte nelle ultime 7 partite della passata stagione per far giocare Hysaj a piede invertito) e Juan Jesus, così escluso dalla Roma che in Serie A non giocava 90 minuti addirittura da maggio 2019. Tutti i calciatori del Napoli si sacrificano in nome del loro sogno comune, anche a costo di rimetterci qualcosa dal punto di vista personale: esempio ne è la scarsa vena sotto porta delle ali in questa stagione. Per questo è stato molto bello che a Bergamo siano entrati nel tabellino Insigne e Politano e che Lozano abbia servito uno splendido assist per il 3-1 di Elmas: sono stati ripagati con un pizzico di gloria personale. Non resta che sperare sia solo l’inizio di una inversione di tendenza: il Napoli ha bisogno dei loro gol e di non affidarsi esclusivamente a Osimhen.
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