L’allenatore del Napoli presenta la sfida con gli scaligeri di Tudor: «Se non riusciremo a metterla sulla qualità bisognerà dimostrare di avere anche un corpo»
L’allenatore del Napoli Luciano Spalletti presenta in conferenza stampa la sfida tra Hellas Verona e Napoli, valida per la ventinovesima giornata del campionato di Serie A. Si gioca domani, 13 marzo, alle 15 allo stadio Bentegodi. Una partita complicata, che gli azzurri hanno l’obbligo di vincere per rilanciare da subito le proprie ambizioni dopo lo stop casalingo contro il Milan.
La conferenza.
Osimhen ha detto che crede nello scudetto.
«Il tempo delle parole è finito, nel senso che poi valuteremo quanto sono servite in fondo a questo campionato, o quanto sono entrate dentro noi stessi. Domani sarà tutto molto più semplice: sarà una partita molto onesta, saremo lì con le nostre responsabilità, col nostro talento, con i nostri timori. Questa partita vale molto. Lo sappiamo. Il risultato di questa partita ci dirà dove saranno rivolti i nostri pensieri, perché poi una sconfitta potrebbe essere fatale. Quindi è tutto racchiuso in quello che vogliamo fare delle nostre vite calcistiche e delle nostre carriere, in senso di quello che sarà il finale di campionato. Il risultato di questa partita dirà molto»
La partita di domenica ha tolto certezze dal punto di vista tattico?
«L’ho rivista più di quanto faccia abitualmente. Nella partita ci trovo che il Milan, che lotterà per lo scudetto fino in fondo, è venuto a giocare la partita perché il Napoli non fosse il Napoli vero. Quindi no, non ha tolto nessuna sicurezza. Soprattutto all’inizio abbiamo fatto tante cose fatte bene, poi siamo stati condizionati da questo gol e la reazione non è stata la migliore di quelle che potevamo avere. Però è un gol che si è ripetuto, qualche volta, durante la stagione: bisogna presidiare il limite dell’area sulle respinte, sulle palle inattive. Ci era già successo. Purtroppo fa parte di noi, a causa della nostra qualità siamo meno interessati allo sporco della partita e più orientati a usare la tecnica, la qualità. Anche domani, se non riusciremo a metterla sul nostro senso di costruzione di squadra, bisognerà dimostrare di avere un corpo. Se non basta la tecnica dobbiamo essere disponibili allo scontro fisico, il nostro avversario è un avversario è allenato bene da Tudor, che ha fatto vedere di essere un grande allenatore. Il Verona è bravo a dare battaglia ma ha anche una qualità tattica, di squadra, di costruzione di gioco»
Alcuni giocatori non sono al meglio, tra stanchezze, sovraccarico muscolare e altro. Attraverso qualche scelta Spalletti può dare un segnale alla squadra? Lei ci ha sempre spiegato che è difficile trovare un equilibrio con Osimhen e Mertens insieme, ma – per fare un esempio – provarci può essere utile a dare una scossa?
«Abbiamo recuperato la rosa a disposizione, anche se qualcosa ci succede sempre tipo Meret (la fortuna continua ad essere in credito con noi), quindi adesso risulta più facile fare qualche scelta. Certo, può essere che si vada a cambiare qualcosa di qui alla fine perché di calciatori a disposizione ne abbiamo di più, perché quelli che si erano infortunati infortunati hanno fatto una preparazione corretta per essere in grado di fare più minutaggio… quindi, sì, è corretto quello che lei dice. Io di solito ce l’ho abbastanza chiara la formazione quando arrivo in fondo alla settimana. In questo caso qui un dubbio me lo porto fino a domani. Ce ne ho uno solo. Sugli aspetti tattici: mi avete trattato abbastanza bene in quest’annata (si rivolge ai giornalisti, ndr) quindi vi sono grato, siete stati abbastanza onesti, magari ci riserveremo un momento per parlarne per bene oltre le conferenze stampa. Quando si gioca con due mediani e un trequartista il mediano ha due possibilità: può abbassarsi nella linea dei difensori o alzarsi se marcato per portare via il marcatore e ricevere. Alzandosi cinque o sei metri va incontro alla palla e c’ha l’uomo che lo viene a marcare. Lo porta via e viene l’altro mediano a prenderla, alzandosi va a fare il centrocampista. È una cosa naturale, come il trequarti che si abbassa sulla linea dei mediani a ricevere. Questi tre giocatori qui ruotano facilmente, diventano vertice basso e due mezzali, diventano vertice alto e due mediani… e possono essere tutte e tre. Fabian Ruiz ha fatto diversi gol giocando da mediano, ma perché? Perché nello scorrimento dell’azione va a fare la mezzala. Partire con i due mediani bassi o con un solo mediano, cambia poco»
«Se il palleggio corto di Lobotka è compatibile col Napoli verticale visto a inizio campionato? Ma sì. Non si può fare sempre la stessa cosa. Se ti aggrediscono secondo me è anche meglio, poi può dare fastidio a qualche giocatore questa “caccia all’uomo”, questa continua pressione. È una difficoltà ma ti lascia degli spazi là dietro e se usi questa tattica qui è chiaro che bisogna esser più verticali. Va bene palleggiare ma bisogna andare a giocare di là. Se ti lasciano la superiorità nella tua metà campo e ti lasciano palleggiare è diverso. Bisogna giocare. Sta tutto nel riuscire a dare un verso alle proprie letture, a cominciare da quella dell’avversario»
A Firenze il Verona ha sofferto lo sviluppo sulle fasce. È una chiave tattica?
«Per me il Verona a Firenze ha meritato ampiamente il punto che ha fatto. Non abbiamo preso in esame quella partita perché è l’ultima che ha giocato. Non c’è una chiave della casa, tante cose sono la chiave della gara. Una chiava è esibire il nostro livello di calcio, sicuramente. Ma può esserlo anche accontentarsi di essere sporchi e brutti ma ugualmente capaci di tirar fuori il vantaggio dalla loro pressione continua. È una caratteristica che dobbiamo avere domani in campo. E poi bisogna esser bravi dove loro lasceranno spazi, perché loro sono una squadra che crea pressione costante, continua. È una di quelle squadre che ti aspettano un po’ al varco, che ti danno battaglia ovunque ti muovi»
Il Napoli ha fallito quando si è trattato di fare un salto sul piano della consapevolezza. È una questione psicologica?
«No. Prima di tutto bisogna subito mettere a punto il fatto che non siamo adatti a vivere di rimpianti, noi tutti, in generale. Quella partita lì col Milan un po’ te ne crea ma se ci si va dentro si vede che abbiamo pagato in un’azione su cui – come caratteristiche – ci sta che si conceda qualcosa. Noi abbiamo concesso troppi gol su situazione del genere quest’anno, sulle mischie. C’è il dispiacere di non aver portato a casa il risultato, era una grandissima occasione. Ma abbiamo quelle qualità lì, non vuol dire che abbiamo fallito. Dobbiamo portare la partita sulle nostre qualità riconoscibili, sennò può succedere di soccombere, di avvantaggiare gli altri»
Sembra che ci sia poca coralità nella manovra offensiva, poca fluidità alle spalle di Osimhen. Come mai? È il trequartista che fa poco raccordo? Sono gli esterni che scendono troppo in difesa? È l’assenza di Lozano che ha lo stesso motorino di Osimhen?
«A questa domanda non so rispondere, è troppo difficile per me. Il calcio è questo, ci sono momenti della partita in cui sei al limite dell’area e sei in dieci sotto la linea della palla. E poi ci sono momenti in cui hai i difensori quindici metri dentro la metà campo degli avversari. Bisogna fare tutto, avere letture complete di momenti all’interno della partita. Nell’attacco allo spazio dietro la linea difensiva qualche volta pecchiamo. Nel mettere la palla laggiù. Però è una cosa su cui lavoriamo, che i calciatori conoscono. Per entrare in tutti questi particolari elencati avrei bisogno di Beccaccioli, che fa il match analyst»