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L’inviato in trattoria tra gli amici di Mancini, la nottata azzurra della Rai è la solita sagra paesana

Lo straniante dopo-partita nazional-popolare. Nessuno riesce a dire “rigori” a Jorginho. La domanda più cattiva a Mancini è: “Dai Roby non fare così”

L’inviato in trattoria tra gli amici di Mancini, la nottata azzurra della Rai è la solita sagra paesana

“E ora ci colleghiamo con Saverio Montingelli, che ha visto la partita in un ristorante di Jesi con alcuni amici di Roberto Mancini. A te, Saverio”. L’inviato Rai in trattoria è incorniciato dalle facce tristi, nessuno fiata fino a quando Saverio non comincia il giro dei pareri: “Sentiamo Daniele”. A casa, lo spettatore ancora intontito dall’eliminazione mondiale dell’Italia non fa in tempo a chiedersi chi diamine sia Daniele, che dallo studio – giustamente – richiamano il giornalista embedded alla continenza: “Saverio? Veloce… Saverioooo!”. Sembra il richiamo lamentoso di Troisi in Non ci resta che piangere. Ed in effetti a noi solo quello resta. Ma Montingelli ormai è partito, non si ferma. E’ in pieno effetto “fratello di Parascandalo”: poco prima della mezzanotte il fallimento del calcio italiano è già passato al setaccio dell’uomo comune. Un lutto elaborato in sagra paesana.

L’Italia abbandonata a casa dalla sua Nazionale, mentre il resto del mondo sarà in Qatar, è perfettamente rappresentata dalla serata televisiva che l’ha accompagnata. La Rai alla sua massima espressione nazional-popolare, con i tratti della commedia all’Italiana, nel solco d’una tradizione che impone di stringersi a coorte nella disgrazia. Ma sempre con un tono parentale, accudente.

La tanto annunciata rivoluzione femminista della nuova direttrice Alessandra De Stefano (“basta inquadrare le donne da sotto, lo sport è maschilista”) viene inaugurata in avvio di partita da un’imbarazzante presentazione della “prima bordocampista della storia”. Una conquista tipo le donne con la patente in Arabia Saudita. Per poi tornare al solito teatrino della sconfitta rammendata, le introduzioni melliflue, la nostalgia del bell’Europeo che fu. “Un sentimento che va preservato”, dirà dopo Gravina. In una teca Rai, evidentemente.

Per cui quando davanti ai microfoni si presenta Jorginho – seduto in studio grazie alla “realtà aumentata” – nessuno riesce a dire “rigore”. Come Fonzie quando doveva chiedere “scusa”. Antinelli usa tutto il tatto del mondo per invogliarlo a parlare di quei due rigori sbagliati che ci sono costati un Mondiale, senza rinfacciarglieli troppo: “la tua situazione personale”, li chiama. E quello, giustamente, risponde che non se li scorderà mai più, “per tutta la vita”. Ma non lo dice mai “rigore”. Sono un’entità maligna, innominabile. Fantasmi.

E figurarsi poi quando arriva Mancini. Non c’è l’animo di affondare, di porre una domanda che sia una. E’ tutto un “dai Roby, non fare così”. Virtuali pacche sulle spalle, come ai funerali: un abbraccio, Robbé, se possiamo fare qualcosa… L’Italia ti è vicina. Con Gravina  il clima è meno conciliante, ma il presidente federale è inscalfibile, non ha bisogno di coccole. Tiene il punto delle responsabilità, passa indenne la trafila della conferenza stampa più dimessa della storia dei disastri sportivi. Un’autoassoluzione in assetto costante, con zeppate annesse ai club che “considerano la Nazionale un fastidio”. E poi i giovani, signora mia: i giovani!

Quando la linea passa allo studio per l’ora seguente che doveva essere una festa e invece no, lo smarrimento è tangibile. Il previsto collegamento con Luca Argentero, volto bellissimo della fiction Rai di successo, è straniante. Il link è uno spettacolo che Argentero porta a teatro “su tre sportivi”: Malabrocca, Bonatti e Tomba. L’ultimo è perfetto per la serata. Tanto che il poveretto si presta nonostante tutto, la partita manco l’ha vista. Figura di garanzia per traghettare la Rai nello shock per un inverno mondiale senza azzurri in campo. Come se attorno non bruciasse l’inferno. La Rai assolve al suo compito istituzionale: tenere a galla l’umore popolare, con una serata involontariamente tragicomica.

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