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“Leonora addio”, al cinema l’omaggio di Paolo Taviani a Luigi Pirandello

Una trasposizione filmica della novella “Il chiodo”. Un plauso alle musiche evocative di Nicola Piovani ed alla splendida fotografia di Simone Zampagni e Paolo Camera

“Leonora addio”, al cinema l’omaggio di Paolo Taviani a Luigi Pirandello

“Leonora addio” è al cinema in molte sale italiane ed è l’omaggio che Paolo Taviani fa a Luigi Pirandello ed anche il primo titolo che firma dopo la morte del fratello Vittorio avvenuta nel 2018.

Dopo l’attribuzione al grande commediografo del Nobel nel 1934 – “non mi sono mai sentito tanto solo. […] Il dolce della Gloria non può compensare l’amaro di quanto è costata” – Pirandello muore nel 1936 e lascia un pizzino spiegazzato come legato, dove stabilisce le sue ultime volontà: funerale semplice, corpo bruciato e poi disperso nel vento; seppoi ciò non fosse stato possibile voleva che la sua urna cineraria fosse portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra della campagna di Caos.

La prima parte del film racconta del primo funerale con cinereazione e dell’inumazione dell’urna nel cimitero del Verano. Ma dopo la guerra il sindaco DC di Agrigento coinvolge De Gasperi: rivuole le ceneri ad Girgenti. Si organizza prima un trasbordo in aereo con la Air Force, ma nessuno – neanche il pilota americano – se la sente di volare… Allora si va in treno e nel 1947 ci voleva un giorno per arrivare in Sicilia ed il prof Gaspare Ambrosini (Fabrizio Ferracane) incaricato di portare in Sicilia il vaso greco del V° secolo che conteneva le ceneri suda sette camice. Poi il problema con il vescovo dell’epoca Giovan Battista Peruzzo (Claudio Bigagli) che pretende che il vaso sia inserito in una bara cristiana, ma la mancanza di tabuti fa sì che Pirandello venga trasferito in una bara bianca per bambini… Ma il monumento non è pronto e le ceneri del Maestro rimangono fino al 1962 agli eredi di Pirandello e solo allora – presenti Sciascia e Quasimodo – si inumano a Caos. Ma parte delle ceneri avanzano ed allora un solerte funzionario comunale le disperde su una trazzera al confine con il mare. Da notare che questa prima parte del docufilm è in bianco e nero: sono a colori solo le scene del forno crematorio e quelle della dispersione in mare.

Dopo il pirandelliano racconto – vero – dei tre funerali subiti da Pirandello, Taviani, inserisce in questo docufilm un divertissement rappresentato dalla trasposizione filmica di una novella – “Il chiodo” – che Pirandello scrive nel 1936 pochi giorni prima di morire e che racconta la storia del processo subito da Bastianeddu (Matteo Pittiruti) – un ragazzo siciliano che lavora nel ristorante del padre ad Harlem – che uccide Betty (Dania Marino) una ragazza americana con un chiodo.

Taviani rispetta la novella dello scrittore imbastendo una storia che tiene conto soprattutto dell’interiorità del bambino siciliano. Un plauso va alle musiche evocative di Nicola Piovani – soprattutto il tema riferito alla novella del bambino – ed alla splendida fotografia – soprattutto nelle parti in bianco e nero – di Simone Zampagni e Paolo Camera che in quei frangenti ci restituiscono un’Italia con un piglio già neorealista.

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