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«Insigne in panchina deve stare, lo sapevo!», la festa-eliminazione in Casa Ventura

“Dov’è il numero di De Rossi? Mancini ha naturalizzato un oriundo del Cagliari che non segna da sei mesi per perdere con la Macedonia, e a me mi hanno cacciato…”

«Insigne in panchina deve stare, lo sapevo!», la festa-eliminazione in Casa Ventura
Mg Madrid 02/09/2017 - qualificazione Mondiali Russia 2018 / Spagna-Italia / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Giampiero Ventura-Lorenzo Insigne

“Luciana, mi fai il numero di De Rossi per favore?”

“Squilla, ma non risponde”

“Riprova. Anzi, fa così: chiamalo dal numero nascosto”

“Niente, Giampy”

Alexa, ricordami di rinfacciare a De Rossi che Insigne in panchina deve stare. Sempre!

Sei Peroni, otto chili di popcorn, tradizionale frittatone di cipolle, rutto libero. A Casa Ventura la festa l’avevano preparata per martedì prossimo. “Ci pensa Cristiano”, continuava a ripetere da giorni. Non s’aspettavano la Macedonia, così, subito, a freddo. Come una vendetta scongelata dopo quattro anni. I vicini raccontano di aver notato una strana euforia dopo stagioni di facce tese e rispostacce a monosillabi. Usciva a comprare il giornale, l’ex ct, e lo usava per coprirsi il volto quando rientrava a casa, come fanno quelli portati via dalla Polizia per nascondersi dalle telecamere. Nei giorni scorsi, dicono, l’avevano visto dissotterrare dal giardino i resti di una libreria Billy data alle fiamme dopo la sconfitta con la Svezia.

Al 93′ di Italia-Macedonia, mentre un Paese intero si stringeva a coorte bestemmiando, da quella casa è partita una dissonante colonna sonora: eeeeeee meu amigo Charlie, oooooooooo, eeeeeeee, meu amigu Charlie, Charlie Brown!. La tv col dolby a mille: L’ITALIA E’ FUORI DAL MONDIALE!…. A,e,i,o,y… IPSILON!. Così, fino alle 3 del mattino, quando il dirimpettaio ha chiamato i Carabinieri per schiamazzi notturni.

“Luciana, sai dove ho messo il Motorola? Quello che usavo nel 2017?”

“Non l’avevi bruciato con la foto di Abete e la cravatta di Tavecchio?”

“Ma no, avevo conservato in rubrica un po’ di amici che voglio chiamare. Dovrei avere ancora gli appunti del 2017. Mi ero segnato un po’ di cose. Dovrebbero stare nelle scarpe, assieme ai sassolini”

Il telefono, l’altro, quello nuovo, non smette di squillare dall’alba. Vogliono tutti un’intervista col commissario tecnico della precedente figuraccia caduta in prescrizione. Lui prima risponde, fa il modesto:

“Sì, magari scrivi anche che io avevo la Spagna nel girone. Ah, è che la Svezia non è mica la Macedonia… Che direi adesso a Mancini? ‘Zuca!’ è troppo dici? Fa brutto?

Poi si nega, soccombe: “Pronto? Sì, scusa, ma non p… otto un tunnel… non pre… ci… iamo dopo”.

La figlia Roberta lo abbraccia, commossa. “Papà, è finita. Adesso è davvero finita”. Si tengono stretti, mentre in tv Mancini dice che “l’allenatore è sempre il primo responsabile”. Lui registra tutto. Ha anche creato una playlist apposita su Youporn: “MancioOut” l’ha chiamata.

“Voglio una bella cornice, per il poster di Trajkovski. Anzi, ci faccio il cartonato 1:1, lo mettiamo al centro del salotto al posto del Chiellini in vetro di Murano”.

“Giampy, ora che ne facciamo dei coriandoli con la faccia di Cristiano Ronaldo? Ne hai ordinati 7 quintali. Ma pure il bandierone con Mancini ‘io resto a casa’… la pandemia è finita, la butto?”

“Luciana non rovinare il momento, ti prego. Questo ha naturalizzato un oriundo del Cagliari che non segna da sei mesi per perdere con la Macedonia, e a me mi hanno cacciato… Per Insigne… Ma ti rendi conto?! Frutta. Ho voglia di frutta! Tanta, a pezzettini, tutta mescolata. Da oggi mangio solo quella. Divento vegano, cazzo”.

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