I video ci mostrano un altro Heysel, immagini che fanno schifo. El Paìs giustamente dedica alla mostruosità l’apertura dello sport
Ce ne siamo accorti poco. O abbiamo voluto, scelto, che quei frame restassero in un cantuccio della nostra repulsione. Chi bazzica i social (chi non lo fa è sulla via della redenzione) ha scrollato via dallo schermo la violenza animale dei video che rimbalzavano sullo smartphone da uno stadio messicano. A Querétaro, nel mezzo d’una partita di campionato con l’Atlas, s’è scatenato uno scontro tra bande di ultras. In pochi minuti la situazione è trascesa. Chi ha potuto s’è rifugiato in mezzo al campo, le squadre sono rientrate negli spogliatoi. Sulle tribune, e poi sotto, in strada, è cominciata una mattanza. Nell’impossibilità immediata o quasi di identificare vittime e carnefici, le stime ufficiose contano almeno 32 morti. E un numero imprecisato di feriti.
Intanto i video di quello strazio hanno preso a girare nel vortice della viralità. Uno, due, La Nacion ne conta cinque particolarmente insopportabili. Molti di noi, da questo lato del mondo impegnati a registrare i morti delle bombe in Ucraina come una faticosa devianza dalla nostre cose – il pallone, per esempio – hanno semplicemente spolliciato via quel lordume. Altri sono rimasti impigliati all’amo del voyerismo, increduli. Nemmeno l’assuefazione di decenni di risse sugli stadi garantisce una protezione davanti ai video che seguono. Li pubblichiamo con tutte le avvertenze che abbiamo imparato a dribblare: fanno schifo, fanno male.
Oggi El Pais, e qualche altro quotidiano internazionale vicino alle cose sudamericane, dedica l’apertura dello sport a quella macelleria messicana consumatasi trascendendo la rivalità e un ipotetico spettacolo sportivo. Sono le immagini di riflesso di un Paese in cui la violenza permea tutto, scrive El Pais, quello delle stragi quotidiane, degli scomparsi, del 90% di crimini senza un colpevole. Un Messico “in cui è sempre più difficile descrivere il livello di degrado raggiunto”.
Gente che si accanisce su corpi denudati e incoscienti, a gruppetti, come sciacalli. Con l’unico imprescindibile istinto di infierire impuniti. Andando ben oltre la possibilità di procurare la morte, più che altro nella certezza che nemmeno la morte basti. Il vilipendio ulteriore, a ondate, senza un limite. Con i cadaveri lasciati lì, sul cemento, e poi ripresi, e trascinati via, e di nuovo aggrediti da nugoli di… “tifosi”.
Quella parola, “tifosi”, resta nella piena descrizione ufficiale degli incidenti. Della “cronaca”. E’ il gancio con la nostra realtà. Il link con la possibilità di ricondurre quel limaccio inumano ad una logica che possiamo in qualche modo maneggiare, mentre ci prepariamo a goderci Napoli-Milan e una domenica in famiglia. Buttiamo un occhio al primo video, poi ci affondiamo dentro. Il secondo, il terzo. Non ci arrendiamo all’idea che quella oscenità sia in qualche modo legata allo sport.
Genitori che trascinano via i bambini dagli spalti per salvarli dalla furia, correndo su un campo di calcio. Mentre altrove altri genitori fanno le stessa cosa, attraversando le vie di città bombardate. E noi in mezzo: spettatori, impotenti. Guardoni.
Mentre le autorità messicane fanno fatica a ufficializzare le vittime, mentre la stampa ridefinisce il contesto degli scontri, le vecchie “ruggini” tra bande – sottoponendo così un massacro ad una rivisitazione un minimo logica – tocca persino fare i ragionieri: le dimensioni del dramma allo stadio Corregidora è inferiore solo alla tragedia di Port Said, in Egitto, 10 anni fa, quando morirono più di 70 persone e 1.000 restarono ferite.
A noi non resta che tenerci dentro quelle immagini, sommarle alle altre sedimentate in una storia insensata, a cominciare (per quel che ci riguarda) dai lenzuoli a bordo campo dell’Heysel. Sopportarle. Raccontarci una bugia: che siano uno scarto, un’aberrazione marziana. Resa oggi evidente dalla riproducibilità tecnica in tempo reale. Le mazzate, la morte, live.
Come se poi non tornassimo, estraniati, a intonare i soliti stanchissimi cori da battaglia allo stadio, per una qualunque partita. Il “devi morire!” come grammatica di base. Tanto la guerra è lontana. Il Messico, poi, non ne parliamo proprio.
Se volete, i video eccoli qui. Ripetiamo: fanno schifo.
TODO SE PUDRIÓ EN LA CORREGIDORA 😞❌
Dramáticas e impactantes imágenes de la violencia que se vivió en la tribuna, que se traslado al terreno, con niños, mujeres y fans corriendo para salvaguardarse
Querétaro vs Atlas
– @FerCevallosF –#GallosxFOX pic.twitter.com/qlmU8sLZBV
— FOX Sports MX (@FOXSportsMX) March 6, 2022
#VIDEO | ⚠ IMÁGENES SENSIBLES ⚠ Así fueron agredidos los aficionados del Atlas en “La Corregidora” https://t.co/POcFHrZxB8
📹: @Emergente13 pic.twitter.com/O6M4kHbqFC— La Silla Rota (@lasillarota) March 6, 2022
Esto no es futbol, estos no son aficionados, que triste que la directiva de @Club_Queretaro y el @gobqro no salgan a dar la cara #queretaro #Atlas pic.twitter.com/jJmskCJnnH
— El Rompehuesos (@El_Rompehuesos) March 6, 2022
“Mátenlos a todos”; dicen hinchas del #Querétaro mientras golpean y desnudan a los del #Atlas.
Esta horrible la situación; es necesario que @poesqro dé explicaciones sobre la falta de policías en un encuentro de tan alto riesgo. pic.twitter.com/eVdUJbC3lr
— Rafa (@tiporafa) March 6, 2022
Ten @MikelArriolaP @LigaBBVAMX haz algo inútil, hay que buscar a estos animales, hasta las últimas consecuencias. #GallosBlancos @Club_Queretaro pic.twitter.com/sZIFomGn0L
— Erick (@erick_hdznieto) March 6, 2022