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Gianna Nannini: «Ho combattuto il lockdown con il vino. Mio padre mi avrebbe voluta tennista»

A La Repubblica: «Notti magiche non volevo farla, poi telefonai a Bennato che ama il calcio e venne fuori. Appartiene a chi se la gode ogni volta che vinciamo qualcosa».

Gianna Nannini: «Ho combattuto il lockdown con il vino. Mio padre mi avrebbe voluta tennista»

Su La Repubblica un’intervista a Gianna Nannini. Ad aprile torna a cantare nei teatri con un tour elettrico ed acustico.

«Mi sto preparando come un’atleta e sono ascetica come una suora, perdo chili che è una meraviglia»

Racconta quanto è stata influenzata dall’opera lirica in carriera.

«Puccini mi ha ispirato più del rock. L’opera è visione, racconta sempre una storia. La sua melodia è eterna, quella musicalità invece è un po’ antica. Ascoltando imparo alcune parti per i duetti, e per il resto amo i concerti sinfonici di pianoforte. Da bambina ero una pianista stalinista, studiavo sempre anche se babbo avrebbe preferito il tennis, tipo Agassi ma senza la macchina spara palle».

Come si riemerge dai due anni di pandemia?

«Ho combattuto il lockdown con il vino, bianco di giorno e rosso di sera, è un antidepressivo, ora ho smesso per dovere: la dieta prima dei concerti non lo ammette. Sono tirata a lucido, lo sport mi svuota la mente: bisogna allenarsi anche per restare immobili, per liberare l’energia del pensare a nulla. Dei salti non m’importa più niente. Per me conta la melodia larga, lunga e ciclica con i suoi giri, il bel canto all’italiana che diventa rock. Un urlo organizzato».

Sulla sua voce:

«È unica, è vero. Produce armonici naturali quando metto tre o quattro note nel chiudere una vocale. Eppure, all’inizio cantavo e non la sentivo questa voce, non ci riuscivo, così volevo spaccare e gridavo. Può darsi che l’abbia ridotta così apposta».

Parla della gestazione dei brani. Ce ne sono alcuni nati da un guizzo:

«Un guizzo che io chiamo “la fulminata”: viene quando vuole, a volte bastano cinque minuti. Lo vede quel pianoforte nero? Lì nacque di getto Sei nell’anima, poi però si percorre una strada che può durare settimane. La fulminata è inspiegabile, la strada invece no».

Continua:

«A volte parto dal titolo e ci lavoro sopra, come uno slogan da srotolare. Anche per le famose notti magiche andò così: mi chiamarono Caterina Caselli e Moroder, io non volevo farla, poi telefonai a Bennato che ama il calcio e venne fuori una cosa che non finisce mai: appartiene a chi se la gode ogni volta che vinciamo qualcosa. L’hanno sparata a palla pure a Wembley, la sera dell’Europeo. Certo non è Volare, Volare è una canzone pazzesca. La moglie di Modugno mi raccontò che Mimmo l’aveva composta sul Tevere in una notte di temporale».

 

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