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“Un eroe”, il film di Asghar Farhadi punta a scalzare Sorrentino dalla corsa all’Oscar

Un atto di accusa alla società iraniana, che al di sotto della patina intrisa di gentilezza e spiritualità nasconde il peggio dei sistemi islamici ed occidentali

“Un eroe”, il film di Asghar Farhadi punta a scalzare Sorrentino dalla corsa all’Oscar

“Un eroe”, il nuovo film di Asghar Farhadi, punta decisivo al terzo Oscar, dopo avere vinto il Gran Premio della Giuria all’ultima Cannes. Da qualche giorno è nelle sale italiane e ci siamo convinti che questo pellicola sarà la più fiera antagonista per il nostro Sorrentino.

Rahim Soltani (Amir Jadidi) è un quarantenne che esce dal carcere a Shiraz – dove è detenuto per non avere onorato un debito – per un permesso premio e con una borsa piena di monete d’oro ritrovata dalla sua nuova compagna Farkhondeh (Sahar Goldust) cerca di ripagare in parte ciò che deve all’ex cognato Bahram (Mohsen Tanabandeh). Ma al momento di convertire l’oro in valuta corrente ha un empito di coscienza che lo porta a non farlo e decide di restituire la borsa ritrovata cercando con un avviso pubblico la proprietaria a cui la sorella di Rahim restituisce il tutto. Da questo semplice gesto nasce tutto il film ed anche la dannazione di Rahim perché la direzione del carcere contatta i media e questo provoca nel Paese Iran una gara di solidarietà – orchestrata da un’associazione in difesa dei carcerati – che lo trasforma in un eroe. Gli propongono anche un posto di lavoro presso la Prefettura, ma la campagna social – orchestrata da un detenuto invidioso contro di lui – lo catapulta in un nuovo incubo: dovrà ritrovare la donna della borsa che testimonierà l’accaduto. Rahim finisce in un girone infernale insieme al suo figlio balbuziente Siavash (Saleh Karimai): a poco a poco scopre che a nessuno dei soggetti istituzionali in campo interessa il significato della sua azione morale ma solo la propria reputazione in gioco e pone in essere ancora una volta una liberalità nel tentativo di riconquistare la sua dignità.

Il film è un atto di accusa alla società iraniana odierna che alcuni media internazionali ci presentano come il meglio dei regimi islamisti, ma che al di sotto della patina intrisa di gentilezza e spiritualità nasconde il peggio dei sistemi islamici ed occidentali. Ma “si è come si è: c’è chi non ha il dono dell’opportunità e della prudenza”.

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