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Non plaudo a una analogia tra napoletani e serbi. Ricordo con brividi il genocidio di Srebrenica

Ringrazio Mihailovic per la simpatia nei confronti del Napoli e dei napoletani ma respingo l’analogia. L’arbitro sbaglia, l’Aia si scusa. proprio come con Orsato

Non plaudo a una analogia tra napoletani e serbi. Ricordo con brividi il genocidio di Srebrenica
Db Bologna 16/01/2021 - campionato di calcio serie A / Bologna-Hellas Verona / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Sinisa Mihajlovic
FALLI DA DIETRO – COMMENTO ALLA 22° GIORNATA DEL CAMPIONATO 2021-22
Il Napoli vince. Ed è l’unica di quelle lassù a vincere.
La partita di cartello allo Stadio Azzurri d’Italia, finisce a reti bianche.
Molte azioni, da entrambe le parti, in una gara tutto sommato caotica ma vissuta con brivido.
Gasp bada al sodo.
E’ in emergenza e allora rispolvera i quattro in difesa.
Modulo solido e parecchio efficace, quando si tratta di portare a casa il risultato.
Molte azioni.
Le più pericolose degli attaccanti di casa sventate da un super Handa.
All’80esimo Bastoni sbaglia a centrocampo e regala a Muriel una prateria di sogni.
Cosa pensa un attaccante in quegli attimi infiniti di solitudine quando fa venti metri palla al piede ed ha solo il portiere avversario contro?
Fa molto discutere un mani in area di D’Ambrosio giudicato involontario, perché il difensore impatta la palla di spalle.
Dei Suninter gli attaccanti giocano male tutti. Tutti.
Anche “il campione è così” Sanchez, reduce dagli eccessi autoelogiativi del dopo Supercoppa.
Pari corretto tra una squadra rimaneggiata e una stanca.
Poca lucidità, troppi errori, spettacolo poco.
Pure all’Olimpico lo spettacolo non è granché.
I Sangue Oro dovevano vincere dopo il tracollo contro i bianconeri e lo hanno fatto.
Con il punteggio più striminzito e contro un Cagliari raccattato alla meno peggio.
Lo hanno fatto grazie ai portoghesi.
Un miracolo di Rui Patricio su bomba di Joao Pedro nel finale.
Un rigorino siglato da Sergio Olivera appena atterrato a Roma.
Sarà utile, l’ex Porto. Gioca a due tocchi e sbaglia poco.
Classe e soprattutto personalità.
Elemento che serve come il pane a Mou.
Ma quando vinci una partita così c’è poco da stare allegri.
Anche ieri la Roma ha dimostrato di essere molto lontana dal concetto di “squadra vera” immaginato dal tecnico.
E’ una squadra che continua a soffrire maledettamente nei momenti chiave della partita.
Almeno stavolta però ha evitato la frittata.
Se ci si vuol divertire bisogna spostarsi a Reggio Emilia.
Dove è di scena Antonin Barak ventisettenne gioiello ceco.
Mancino raffinatissimo, ricama trame di calcio squisite con la sua andatura dinoccolata.
E dire che in adolescenza ha dovuto lottare con una malformazione congenita alla spina dorsale.
Eccolo qui, questo spilungone dal pensiero veloce e dall’esecuzione rapida.
Sintesi perfetta di fisicità e tecnica. Una gioia per gli occhi.
Tre gol e un assist per una partita coi fiocchi.
E’ una partita che esalta Igor Tudor e il suo calcio ossessivo.
Chiamato a risollevare una baracca lasciata vacillante da Eusebio Di Francesco, ha ristrutturato casa e l’ha messa in sicurezza.
Ripristinando il modulo e lo stile di gioco che erano di Juric.
Difesa a tre, e pressing che toglie il respiro e che ribalta velocemente il fronte di campo.
Grazie anche a un Adrien Tameze, assoluto dominatore del centrocampo.
Basta lui solo lì in mezzo a far fuori l’intera linea mediana neroverde.

Personalmente lo avevo già notato, contro i beneamati azzurri questo camerunese di Francia dai polmoni inesauribili, presente in ogni zona del campo.

E’ un altro protagonista del tutto nuovo di un campionato che invero finora di nuovo non offre granché.
La Juve rincorre la Champions disperatamente, come il Patonza il Colle.
Gli strumenti sono gli stessi.
Non si bada a spese. Senza mezzi termini. Con qualsiasi arma. Lecita e ovviamente illecita.
“Cosa devo fare? Tagliare i capelli a Soppy?”
Le parole di Cioffi nel dopo gara sono un chiaro riferimento all’ episodio che vede protagonista il Berna.
Il quale, preso da pazza invidia per le civettuole treccine esibite con seducente malizia dal giovane francese, fa come si usava un tempo per liberarsi delle janare.
Mitiche e leggendarie figure della tradizione popolare dell’area sannita.
Secondo la tradizione, per poterle acciuffare, bisognava afferrarle per i capelli, il loro punto debole.
“Janara janara ca ‘e notte me piglie, te piglio po’ vraccio e te tiro ‘e capille!“
Lo juventino inquieto non ne può più dalla gelosia.
“E basta, mo!” Sibila con tono acuto e stizzito.
Afferra le ciocche ritorte di Soppy, e si esibisce in un perfetto “strascino della janara”.
Proprio lì, nel bel mezzo dell’area di rigore friulana.
Lasciando stupefatti ed esilarati i calciatori e ammutolito l’arbitro.
Così la Juve prende i tre punti.
Ma è una squadra che fa sincera pena. Senza gioco, senza organizzazione.
Prima e dopo essere passata in vantaggio.
Non so cosa potrebbe arrecare maggiori vantaggi agli italiani, tuttavia, fra Juve e Patonza, mi pare che l’obbiettivo più a portata di mano sia quello ergastolano.
Il Napoli discontinuo, il Napoli incostante più del vento, il Napoli saltuario di questi ultimi mesi, ci ha imposto balzi d’umore inattesi.
Ma quello vero sta tornando. E dal Dall’Ara se ne torna a casa con i tre punti in saccoccia.
Ringrazio Sinisa per le parole di simpatia spese nei confronti della squadra e dei napoletani.
Ma non plaudo, personalmente, da napoletano, a una analogia col popolo serbo.
Io ricordo con brividi il genocidio di Srebrenica del 1995.
Ci vada piano con certi accostamenti Sinisa.
Il napoletano è diverso. Il napoletano è un popolo gentile. Il popolo serbo storicamente no.
Il Napoli sta tornando.
La partita è un assolo. Fin dai primi minuti.
Il Signorinello Pallido sta tornando.
Risulta arruolabile col tampone fatto all’alba. Prende un treno al volo e da solo raggiunge la squadra. Come succedeva da giovani quando si chiamava il decimo per il calcetto di fine settimana all’ultimo secondo.
Entra in entrambe le azioni dei due gol. A suggello di una partita maiuscola.
Sta tornando il Mariachi, che aveva sulla coscienza la partitaccia di giovedì. ‘
Messico e Nuvole appaiono in pieno gennaio nel cielo dell’Emilia.
Sta tornando l’Odalisco Andaluso, sontuoso e imponente con la sua personalità da altro calcio.
Ma soprattutto è tornato Osi. L’uomo mascherato.
Ha un coraggio da leoni sto benedetto ragazzo. Si butta nella mischia senza paura. E sta pure per metterla dentro, avesse un po’ di fortuna in più.
Blue Monday per i Diavoli per una partita stregata.
Una partita a tratti comandata e colpevolmente mai chiusa.
Poi il fischio di Serra che non concede il vantaggio e cancella il gol di Messias.
È un errore. Un errore grave che cambia l’andamento della gara.
Ma è semplicemente un errore umano. Capita. E capiterà sempre.
Il resto è tutta un’esagerazione all’italiana.
Le scuse accorate dell’arbitro, che, poverino, è una brava persona e fa tanta tenerezza.
La reazione di Rebic che consola platealmente il direttore di gara.
Con mani in faccia e capocciata.
Ma è una capocciata amichevole di solidarietà.
Tutto sommato una immagine bella.
Nulla a che vedere quella insolente e bullesca di Bonucci a Rizzoli di qualche anno fa.
E per finire le scuse ufficiali dell’Aia.
Per farci ridere dietro dall’orbiterraqueo globo.
Come non ricordare un recente Juve-Roma.
Arbitro il principe Orsato.
Episodio più o meno analogo.
Il Fischietto d’Oro non dà il vantaggio alla Roma ma fischia un rigore un attimo prima che Abraham girasse in rete.
Le scuse dell’arbitro: “E che dai la colpa a me se hai sbagliato il rigore?”
Orsato poi.
Tre anni che aspetto le scuse per quella mancata espulsione di Pjanic che ci costò uno scudetto meritatissimo.
Porca miseria, a forza di fare il nome del Patonza per il Colle, rischiamo di bruciarlo.
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