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«Il Covid ci ha insegnato che senza la scienza non si va da nessuna parte, è necessario investire nella ricerca»

Intervista a Massimo Zollo, coordinatore della Task Force Covid al Ceinge di Napoli. «Con il virus dovremo convivere ma con la scienza sapremo fronteggiarlo»

«Il Covid ci ha insegnato che senza la scienza non si va da nessuna parte, è necessario investire nella ricerca»

Omicron Può essere l’ultimo stadio? Molto probabilmente no. È probabile che emergano più varianti con la capacità di Omicron di eludere l’immunità e diffondersi con successo. La pensa così il professor Massimo Zollo, docente di Genetica dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task Force Covid-19 CEINGE, a Napoli.

«Tra l’altro Omicron non credo si è evoluta per causare malattie gravi, né è stata sottoposta a pressioni selettive negative dal vaccino, visto che alla sua comparsa in Sud Africa la campagna vaccinale era sotto la soglia del 5%. Potrebbe essere più mite di Alpha e Delta. Non sappiamo se è meno cattiva delle altre varianti, siamo in attesa di vedere i dati dei ricoverati in sub-intensiva e intensiva».

Omicron – ed il suo genoma – è molto diverso da Sars-Cov-2 Delta.

«Sono trascorse solo 6 settimane dall’identificazione di Omicron in Sud Africa. Studi recenti dicono che Omicron si replica meno bene rispetto alle altre varianti Alpha e Delta ed hanno suggerito un meccanismo su come entra Omicron nelle cellule umane: attraverso la via endosomiale. Per ora i dati vanno nel quadro clinico meno grave, forse anche perché Omicron dal punto di vista molecolare è molto diverso da Alpha e Delta. Ma ci vogliono dati robusti a supporto di ciò. In ultimo non dimentichiamo che una variante di virus Sars-Cov-2 per entrare e replicarsi ha bisogno di una cellula umana e l’interazione con la cellula umana, con il proprio genoma, è influenzata dall’ambiente che li circonda, e la variante stessa fanno del virus Sars-Cov-2 un successo o un insuccesso evolutivo».

Quanto è dura fare ricerca ai tempi dei social? Quanto è complicato lavorare in un caos di disinformazione?

«Fare ricerca in Italia, in questo momento, è davvero difficile. La ricerca è poco finanziata, siamo il fanalino di coda in Europa per finanziamenti. La Regione Campania, invece, ci ha visto giusto: ha aperto un bando per idee di ricerca nel campo Covid-19. C’è chi sostiene che i lavori scientifici su questo argomento siano più facili da ottenere, il mio punto di vista invece è l’opposto. Ci sono tanti laboratori di eccellenza nel mondo che producono dati e la competizione sull’ottenimento dei risultati “nuovi ed innovativi” e la capacità di pubblicarli è davvero difficile, e come se il livello si fosse alzato tutto d’un tratto. La competizione è enorme nel mondo e la fanno ancora da padrone gli Stati Uniti, l’Inghilterra, la Germania, il Giappone e la Cina. Al Ceinge siamo stati fortunati: molti dei laboratori e dei loro scienziati hanno la possibilità di validare dei risultati, siamo infatti stati i primi a sostenere la tesi che i tamponi rapidi non erano di qualità e contrari al loro utilizzo per un tracciamento dei positivi (visto l’alto numero dei falsi negativi identificati e la loro bassa sensibilità alla carica virale)».

Perché i vaccini funzionano? E perché i contrari alle dosi insistono sul fatto che non limitano i contagi?

«Sui vaccini preferisco non discutere oltre, la tecnologia utilizzata addirittura sarà utilizzata nei prossimi 5 anni per curare forme di cancro di cui sono noti i meccanismi, ma di che parliamo? Le persone vaccinate nel mondo non sono esperimenti, la domanda sul funzionamento dei vaccini non ha alcun dubbio di esistere o di essere posta. Dico solo ai no-vax, “ma fatemi il piacere” come disse Antonio de Curtis in arte Totò».

Palù ha dichiarato che “Nessuna pandemia è durata più di due anni poiché il virus finisce per adattarsi all’uomo”. L’immunità di gregge dunque è possibile?

«Credo che sia difficile da prevedere a questo stadio. Non me la sento di dire “finirà tra pochi mesi”».

Che ruolo ha avuto il Ceinge? Napoli è stata il centro nevralgico della lotta al Covid…

«Il Ceinge sia per vocazione che per tipologia delle attività di ricerca è il miglior istituto in Campania e direi anche in Italia a poter sedere al tavolo delle scoperte sul Covid-19. Siamo entrati in sordina nella cabina di regia regionale, decimi nelle proposte scientifiche presentate e poi risultati al primo posto in un anno di attività e di pochi mesi. Oltre 30 pubblicazioni scientifiche, alcune pubblicate su importanti riviste editoriali e di impatto quali Science, Nature e nuove ancora scoperte sono ora in valutazione, 4 brevetti prodotti da 15 team di ricerca. Non si era mai vista tanta attività scientifica in questo campo prodotta in così poco tempo da un istituto napoletano di ricerca parte della nostra Università federiciana».

Saremo destinati a vaccini periodici? Ad altre battaglie del genere? Il covid è stata anche una possibilità per la scienza di arrivare a strumenti che prima richiedevano maggior tempo a disposizione ?

«Molto probabilmente sì, a meno che non si trovi una chiave nel produrli in fretta e sull’ultima variante in circolazione, ma saremo sempre alla corsa del miglior vaccino. La scienza è stata messa in gioco, ha avuto pantaloncini e magliette e finalmente ha potuto dimostrare che senza di essa non si va da nessuna parte ed ha segnato diversi goal, anzi, credo proprio abbia vinto. Ci ha insegnato che è meglio pagare la ricerca che comprare un giocatore famoso per far vincere un campionato. La scienza ha battuto il tempo nel generare i risultati, frutto della competizione mondiale. Oggi i dati non si tengono più nel cassetto degli scienziati, ma si mandano subito alla rivista per la pubblicazione per avere feedback dai revisori e produrre subito qualità scientifica. La competizione è enorme. Magari qualcuno dall’altro capo del mondo ha trovato le tue stesse cose e se non sei rapido le pubblicherà prima di te e tu non potrai pubblicarle le tue scoperte, perché non saranno più nuove. Quindi il ricercatore ha cambiato il suo essere atleta da “fondista” è diventato un “velocista”».

Dove ci sta portando questo virus? Di variante in variante, si fermerà?

«Credo che diventerà un virus con cui dovremo imparare a convivere. Grazie alla scienza faremo altri errori ma sapremo anche fronteggiarlo con l’acquisizione delle nuove conoscenze».

 

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