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Gravina: «I ristori devono arrivare, il calcio traina l’economia. Insigne in Canada? Un grande dispiacere»

Al CorSport: «Gli errori arbitrali? Un prezzo da pagare: Rocchi ha inserito tanti giovani. Dobbiamo crescere se vogliamo valorizzare il nostro prodotto»

Gravina: «I ristori devono arrivare, il calcio traina l’economia. Insigne in Canada? Un grande dispiacere»
Mg Londra (Inghilterra) 06/07/2021 - Euro 2020 / Italia-Spagna / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Gabriele Gravina

Sul Corriere dello Sport una lunga intervista al presidente della Figc Gabriele Gravina.

Parla del nuovo protocollo.

«La pandemia è una montagna che iniziamo a scalare. Il protocollo sanitario è una vittoria. La soglia del 35% di contagiati ci pone al riparo da divieti difformi delle singole Asl. Non accadrà più che si giochi con undici positivi e si resti bloccati per tre. È una garanzia che il virus non intaccherà d’ora in poi la regolarità della competizione».

Sul limite dei 5mila spettatori allo stadio.

«Si è trattato di un atto di responsabilità. L’auspicio è che, usciti tutti vaccinati dal picco, si torni a una capienza del cento per cento. Il calcio si confermerebbe apripista della sicurezza e della normalità».

A Natale sono aumentati i contagi nelle squadre, vuol dire che la Serie A ha dimenticato troppo presto le cautele?

«No, al 20 dicembre avevamo un numero di casi inferiore ad altri settori. Il rompete le righe delle vacanze li ha fatti crescere, ma è anche vero che i ragazzi coinvolti si sono negativizzati in pochi giorni».

Sui ristori:

«Non può accadere che non arrivino. Il calcio traina l’economia, coinvolge dodici settori merceologici diversi, vale una percentuale importante del Pil e produce un gettito fiscale di oltre un miliardo. Merita almeno la stessa dignità di settori come cinema e teatro».

Il calcio è entrato nella pandemia con 4 miliardi di debiti ed ha continuato ad accumularli.

«Il Covid ci ha colto nel pieno di una tensione finanziaria. Ma quei debiti sono stati sempre coperti da finanziamenti infruttiferi e postergati, cioè forme di ricapitalizzazione delle proprietà. Il Genoa a Natale ha versato decine di milioni di capitali freschi. Questo per dire che il calcio ha messo il suo. Però è vero che far crescere i costi mentre i ricavi calano vuol dire mettere a repentaglio il sistema. Questo mi preoccupa quanto lei».

Sull’intervista di Commisso al Financial Times.

«Non ha ragione. Perché per fare mercato bisogna rientrare in precisi indici di liquidità. Un conto è allarmarsi per il debito, un altro è dire che uno vince perché ha barato. E stendo un velo pietoso sui giudizi morali che Commisso dà della classe dirigente. Dopodiché dobbiamo mettere il sistema in sicurezza. Le norme da noi già varate riducono il margine di investimento a debito, vincolando sui ricavi le renderemo ancora più stringenti. Anche per fugare sospetti e illazioni che fanno male allo sport».

Sulla classe dirigente del calcio:

«Direi che la formazione dirigenziale è eterogenea. C’è di tutto. Dobbiamo crescere se vogliamo valorizzare il nostro prodotto. Qualche anno fa eravamo secondi tra le Leghe top, oggi siamo quarti. Altri sono andati avanti, noi siamo rimasti fermi. Dobbiamo capire che ogni scelta, ma anche ogni parola, ogni gesto hanno un impatto economico sul sistema. Continuo a pensare che il nostro calcio sia migliore di come noi stessi lo raccontiamo».

Sulle inchieste sulle plusvalenze:

«Le plusvalenze fanno parte della vita attiva dell’impresa. Vanno perseguite quelle truffaldine. Aspettiamo che la magistratura chiarisca, ma non facciamo di tutta l’erba un fascio. Poi stiamo studiando se eliminare le plusvalenze dagli indicatori di bilancio per autorizzare nuovi investimenti sportivi».

Come ci si difende dai procuratori e dalle loro richieste?

«Bisognerebbe chiederlo a quei presidenti che sono accondiscendenti verso di loro. Diventano così ricchi e potenti perché qualcuno li paga. La Figc è stata la prima federazione a proporre un principio di controllo su provvigioni e intermediazioni. Ma serve una decisione internazionale della Fifa. Altrimenti se io pongo un tetto, non faccio che favorire il mercato straniero».

Sui playoff:

«Creso sia arrivato il momento di provare. Negli anni Novanta nessuno credeva ai tre punti per la vittoria e invece ha funzionato. I playoff in Lega Pro e in Serie B sono una garanzia di visibilità e un successo. Sarebbe un errore non testarli anche in Serie A, salvaguardando comunque il valore del merito sportivo raggiunto in classifica. Ma ci vuole una riforma, che riduca le squadre e modifichi il format. Ne guadagnerebbero qualità e competizione».

Sugli errori degli arbitri:

«C’è stato un grande cambiamento, Rocchi ha messo in campo tanti giovani. Sono prezzi da pagare, ma i risultati arrivano. Gli errori si sono ridotti ancora. La tecnologia ci aiuta. Qualcuno forse dimentica che non si sbaglia più un fuorigioco. Voglio aggiungere che ho molto apprezzato la reazione umana dei giocatori milanisti dopo l’errore, è un esempio di sportività».

Sulla Nazionale: se l’Italia esce dai Mondiali Mancini lascia?

«Questo lo valuteremo insieme, ma il percorso avviato con Roberto non è legato a un singolo risultato. C’è un progetto che ha già dato risposte importanti, in termini di entusiasmo e rilancio dell’immagine della Nazionale».

Sulla scelta di Insigne di trasferirsi in Canada.

«Un grande dispiacere. L’ho visto crescere a Pescara nel trio delle meraviglie con Verratti e Immobile. Saperlo in un campionato lontano mette tristezza. Ho parlato con lui e non mi sembra che ci vada a cuor leggero. Ma nelle scelte di vita talvolta la prosa prevale sulla poesia. È finita così».

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