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È più strano Commisso che fa affari con gli Agnelli o Vlahovic che preferisce la Juventus all’Arsenal?

La Juve piena di debiti scopre di essere ancora affascinante. Rocco si piega al business (anche con i figli di …) e mette da parte i principi. Agnelli mette a segno un gran colpo

È più strano Commisso che fa affari con gli Agnelli o Vlahovic che preferisce la Juventus all’Arsenal?
Torino 29/01/2021 - campionato di calcio serie A / Torino-Fiorentina / foto Image Sport nella foto: Rocco Commisso

È densa di irritualità la trattativa che starebbe per condurre Dusan Vlahovic alla Juventus. C’è lo stato comatoso dei conti della Juventus che, non si riesce a capire come, dovrebbe in un modo o nell’altro scucire 70 milioni di euro. Sono ormai mesi che leggiamo del disastro contabile del club torinese, con Andrea Agnelli costretto a chiedere a John Elkann periodiche ricapitalizzazioni.

C’è il comportamento contraddittorio di Commisso che prima dalle colonne del Financial Times lancia dichiarazioni di guerra alla famiglia Agnelli, sembra voler sfidare il sistema calcistico italiano e poi come – se nulla fosse – si sottomette alla legge del business (oltre che alla volontà del giocatore). Commisso è un uomo d’affari e negli affari le questioni di principio non portano da nessuna parte. Dichiara, giustamente, che negli Stati Uniti gli azionisti avrebbero fatto causa alla Juventus, poi però diventa il loro principale creditore. Li chiama figli di puttana e poi si siede al tavolo. Dopo Chiesa, cederebbe ai bianconeri il secondo gioiello di famiglia. In passato c’è stato anche Bernardeschi, per non risalire alla notte dei tempi e quindi a Baggio. Commisso deve monetizzare, ha ragione. Sarebbe autolesionistico non capitalizzare la partenza di Vlahovic. Pecunia non olet e non bada nemmeno ai colori. Molti (perché 70 milioni non sono pochi), maledetti e probabilmente dilazionati.

E infine, dettaglio tutt’altro che irrilevante, c’è la volontà del calciatore. A quanto pare, leggendo le cronache, Vlahovic avrebbe sdegnosamente rifiutato le concrete offerte dell’Arsenal (65 milioni) e del Newcastle (90), e non si sarebbe interessato nemmeno a quella del Tottenham. Vuole la Juventus. E qui c’è da interrogarsi. Il club bianconero evidentemente mantiene intatta la sua capacità attrattiva. E lo fa nonostante il protrarsi di una crisi tecnica piuttosto evidente, un quadro economico quantomeno fosco, un contesto – il campionato italiano – neanche lontanamente paragonabile alla Premier League. Eppure Vlahovic e il suo procuratore non vogliono sentire ragioni. Che cosa scatta in un calciatore per preferire la Juventus all’Arsenal? Era già accaduto per Locatelli che però è un calciatore decisamente meno forte di Vlahovic. Per lui sono comprensibili i dubbi, all’Arsenal sarebbe potuto facilmente finire in panchina e nel dimenticatoio mentre alla Juve pensava di avere più chance.

Per Vlahovic è diverso. Uno come lui non può avere il timore di non sfondare in Premier. Altrimenti vuol dire che non è lo straordinario centravanti che tutti immaginiamo che sia. Proviamo a ipotizzare. Forse incide la prospettiva della Champions. E ci sarebbe da discutere. È vero che i Gunners nonostante l’ottimo campionato dovranno battagliare col Tottenham per arrivare nei primi quattro. Ma questo vale anche per i bianconeri che al momento sono quinti. In entrambi i casi il suo arrivo potrebbe fare la differenza.

O probabilmente pesa quella che possiamo definire sindrome Allegri, o dello studente di famiglia: la paura di lasciare casa. Allegri, piaccia o meno, è un signore che ha rifiutato il Real Madrid. Lo ha rifiutato per davvero. Ed è una macchia enorme sul suo curriculum, una scelta che ne spiega i limiti molto più di qualsiasi scempiaggine tattica che viene detta sul suo conto. Andare all’estero vuol dire mettersi in gioco, abbandonare il guscio, cambiare abitudini, dover imparare un’altra lingua e calarsi in un altro contesto. Vuol dire, in una parola, lasciare la comfort zone.

Resta per Vlahovic l’ipotesi del fascino, del blasone. Che francamente comprendiamo più per uno come Sarri cresciuto e vissuto a lungo alla periferia del calcio e per il quale la Juventus rappresentava la chimera della sprovincializzazione e la certificazione dell’avercela fatta. Persino più di una Europa League vinta con il Chelsea. Probabilmente per un giovane serbo la Juventus rappresenta un punto d’arrivo. Forse conta l’eccitazione di raccogliere la sfida dell’eredità di Cristiano Ronaldo. Di certo è un segnale importante per il club che sembrava aver imboccato un doloroso viale del tramonto e che invece esce molto rafforzato da questa campagna d’inverno. Dopo tante sconfitte, Agnelli mette a segno una vittoria che inciderà non poco sul futuro.

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