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Tinto Brass: «a 17 anni papà mi portò al manicomio, mi ritenevano un pessimo esempio per i fratelli»

Nel suo libro ripreso dal Fatto quotidiano: “rimasi lì alcuni giorni. Per un fascista come lui ricorrere a punizioni estreme a fini educativi era normale”.

Tinto Brass: «a 17 anni papà mi portò al manicomio, mi ritenevano un pessimo esempio per i fratelli»
archivio Image / Spettacolo / Tinto Brass-Caterina Valsi / foto Insidefoto/Image

Il Fatto quotidiano alcuni passaggi dell’autobiografia di Tinto Brass, scritta con Caterina Varzi, “Cinquanta sfumature di Brass”.

“Quando riuscivo ad avvicinarmi alla porta del bagno spiavo dal buco della serratura. Guardare mia madre o le cameriere che facevano pipì e sentire lo scroscio dell’urina divenne un piacere che si è protratto per tutta la vita”.

“Mi mandarono via di casa e cambiarono la serratura perché mi ritenevano un pessimo esempio per i miei fratelli. Avevo diciassette anni… Una mattina ricevetti la punizione peggiore. Io e mio padre uscimmo per prendere il vaporetto da San Marco. Mi lasciò al manicomio maschile, dove rimasi alcuni giorni. Per un fascista come lui ricorrere a punizioni estreme a fini educativi era normale”.

Fine vita

 Quando non sarò più in grado di badare a me stesso, Caterina sceglierà la cosa più giusta per me”.

Deborah Caprioglio

Per sua fortuna la madre, sin da bambina, le aveva insegnato che l’imprevedibile svolge un ruolo decisivo. Per questo, prima che la figlia uscisse di casa, le diceva: ‘Fatti il bidet, non sai mai chi puoi incontrare’.

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