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“Il grido del gatto”, un romanzo sul dolore e sulla felicità

Lo scrittore napoletano Sergio Saggese torna in libreria il 6 gennaio con un romanzo che ricorda le atmosfere alla Hrabal

“Il grido del gatto”, un romanzo sul dolore e sulla felicità

Lo scrittore napoletano Sergio Saggese ritorna il 6 gennaio in libreria con Castelvecchi con “Il grido del gatto (pagg. 122, euro 14.90)” un romanzo sul dolore e sulla felicità, ma senza spazio per nichilismi di sorta ed ilnapolista ha l’onore di presentarlo in anteprima.

Il protagonista Flavio Salemi ha una situazione familiare disastrata: il padre bibliofilo incallito si è suicidato, la madre ha avuto un amante nello Zio Marino ed ha un’unica capacità “di parlare, parlare”. L’altro fratello Enrico affetto da “il grido del gatto”, una malformazione genetica che agisce sulla crescita e sul cervello è perito in un autodafé casalingo procurato dall’accensione di ceri attorno alla culla, e Zio Marino per questo si è beccato dodici anni di galera. Flavio, mentre la madre è in vacanza a Policoro con gli odiati vicini Varriale, è impegnato nella ricerca di tutti i testi di narrativa del padre che questi aveva venduto all’incanto, perché si è accorto che il genitore aveva vergato su quei 3000 volumi delle interpolazioni autografe che formano un lungo romanzo sulla sua vita ed anche su quella di lui figlio, perché egli “ha ancora molte schegge del padre dentro di sé”. E mentre Flavio ricerca la biblioteca paterna ed amoreggia con Eleonora cercando di darle quell’amore che finisce nella sua personale teoria sulla digestione dei sentimenti, continua la sua lotta tra l’umorismo ed il patetico che è una traccia della sua vita, ben conscio che “la disperazione è spesso una barriera da abbattere per entrare nella felicità”.

Sullo sfondo resta uno scrittore, Saggese, che ci ha convinto pienamente con quelle sue atmosfere alla Hrabal partenopeo, che valgono un nuovo esordio e che ci hanno fatto pensare dopo 33 anni dalla nascita letteraria di Erri De Luca, al magistrale “Non ora, non qui”. La lingua di Saggese è invece lirica e greve e sembra di sentire il grande Hank dire: “finalmente qualcosa di vivo in mezzo a tanta ipocrisia”. Sergio Saggese è un vero scrittore.

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