Su Netflix. Il genere western frenetico e naturalista diviene un lento scendere nella psiche umana ed il salmo 22 fa il suo ingresso nei destini umani. Al potere del cane si sostituisce quello del figlio.

Ci mancava il western psicologico come genere ed a colmare la lacuna ci ha pensato “Il potere del cane” – lo trovate su Netflix – della sceneggiatrice e regista neozelandese pluripremiata Jane Campion che ha tratto il film dal romanzo omonimo di Thomas Savage di chiaro stampo autobiografico.
Montana 1926, l’epopea dei grandi ranch sembra assediata dalle prime auto che circolano ma la famiglia Burbank vive ancora dei suoi proventi. George “il grassone” (Jesse Plemons) è il fratello più imbranato ma bravo negli affari, mentre Phil (Benedict Cumberbatch) è quello che manda avanti il ranch perso nel ricordo del rapporto ambiguo del suo amico Bronco Henry, (“Mi ha insegnato ad usare gli occhi in modi che gli altri non conoscono”). George rompe però gli equilibri della casa sposando una vedova Rose (Kirsten Dunst) che ha un figlio ventenne Peter (Kodi Smit-McPhee) che cresce effemminato sotto la tutela eccesiva della madre e che studia medicina al College. Nella nuova vita al ranch Rose diventa sempre più depressa ed alcolizzata, mentre Phil cerca di strappare Peter alla troppo oppressiva presenza materna. I nodi della corda intrecciata verranno fuori generando il finale inatteso.
La Campion con una regia minimale riesce a tessere la trama piscologica dei personaggi servendosi delle musiche di piano e di chitarra del talento Jonny Greenwood. Il genere western frenetico e naturalista diviene un lento scendere nella psiche umana ed il salmo 22 fa il suo ingresso nei destini umani. Al potere del cane si sostituisce quello del figlio.