Silvio Orlando: «Tutti sanno che cos’è un napoletano, tranne gli stessi napoletani»

A La Stampa: «Abbiamo risolto il problema auto-rappresentandoci, prendendo l’abitudine di fare quello che ci si aspetta da noi»

silvio orlando

La Stampa intervista Silvio Orlando, da oggi nelle sale con un ruolo nel film di Roberto Andò, «Il bambino nascosto». Una pellicola in cui mette da parte il suo lato comico e si concentra su quello drammatico.

«Sono sempre lo stesso, mi piacciono l’antiretorica e l’ironia, anche se credo che, a una certa età, far ridere diventi davvero difficile. L’attore comico è come un bambino che scopre il mondo per la prima volta e l’infantilismo, a un certo punto, diventa disturbante. Stanlio e Ollio a 60 anni facevano le stesse cose di sempre, ma avevano assunto un tono quasi mortuario. Un attore ha anche il dovere di cambiare registro, di seguire la lunghezza d’onda della propria anima, dei propri dolori. E poi mostrare la vecchiaia e la stanchezza di vivere non è una cosa depressiva, anzi, può essere fonte di grande divertimento».

Continua:

«Ho sempre cercato di mettere un po’ di malinconia e tenerezza nei ruoli, anche quelli comici. Adesso penso di essere cresciuto, più consapevole, soprattutto meno ansioso di piacere a tutti i costi, cosa che, in passato, mi ha condizionato».

Orlando parla anche di Napoli:

«È una città stratificata, con un’identità molto forte, che ha un bisogno fisico di essere rappresentata. Tutti sanno che cos’è un napoletano, tranne gli stessi napoletani. Abbiamo risolto il problema auto-rappresentandoci, prendendo l’abitudine di fare quello che ci si aspetta da noi. Poi, ciclicamente, succede che, riaccendano i riflettori, che tutto riparta, ed è come se Napoli fosse vista per la prima volta».

Si esprime anche sulla bocciatura del ddl Zan.

«La politica dovrebbe provare a togliere un poco di dolore dal mondo e invece mi sembra faccia il contrario. Poi ho una mia idea, e cioè che una legge di quel tipo presentata da un omosessuale abbia creato fastidio, forse sarebbe stato meglio usare un filtro, far passare la legge attraverso un portavoce eterosessuale, qualcuno che, dall’esterno, mostrasse la volontà di tutelare gli omosessuali, farsi carico dei loro problemi».

 

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