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Senza fame, non si vince. Inter-Napoli 3-2 ha detto tante cose, soprattutto a Spalletti

Se il Napoli avesse giocato con l’ardore degli ultimi 23 minuti, non avrebbe mai perso. Insigne doveva giocare decisamente meno di 75 minuti. Nessun dramma ma nessuna sottovalutazione

Senza fame, non si vince. Inter-Napoli 3-2 ha detto tante cose, soprattutto a Spalletti
Db Milano 21/11/2021 - campionato di calcio serie A / Inter-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Lorenzo Insigne

Avviso ai naviganti: il Napoli è primo in classifica. Pari merito col Milan, con quattro lunghezze di vantaggio sull’Inter.

Avviso agli amanti della cabala: negli anni dei due scudetti – e non solo in quelli, va detto – il Napoli ha sempre perso a Milano. E nel 90 dall’Inter 3-1 dopo essere passato in vantaggio. Stavolta è finita 3-2 dopo essere andati in vantaggio.

Informazione di servizio secca: l’Inter aveva più fame e ha meritato di vincere. Si impacchetta la sconfitta e la si porta a casa. Senza drammi ma senza neanche sottovalutazioni.

Il gol del 3-2 di Mertens, e soprattutto quel che si è visto dopo, devono far riflettere innanzitutto Spalletti. Capiamo che portarsi appresso la maledizione del capitano non è bella come etichetta ma lo ha detto lui – e non solo lui – che contano le vittorie. Ma l’Insigne di stasera non può rimanere in campo 75 minuti. E quel che si è visto dopo – il 3-2 di Mertens e l’assedio finale, con due occasionissime e l’Inter in bambola – lo dimostrano. Non si può venire a Milano e non dare l’anima per tutti e 98 i minuti. Non si vince senza lottare e non c’è bisogno che ce lo ricordi Allegri. Con un altro atteggiamento mentale il Napoli questa partita non l’avrebbe mai persa. Detto questo, il campionato è lungo e dalle lezioni si impara. Questa sconfitta sarà utile a lui e al Napoli.

La differenza l’hanno fatta soprattutto se non solo  gli occhi della tigre. L’Inter di Inzaghi li aveva eccome. Il Napoli di Spalletti decisamente meno. Dopo i primi 25 minuti, è emersa la sensazione che l’Inter avesse più potenza nel motore, il rombo delle loro azioni era diverso. Come se si trattasse di ardore. Di fame. E la fame è aumentata col passare delle pietanze. Ogni gol fatto – alla fine sono stati tre – ha moltiplicato le energie di una squadra ben messa in campo dal sottovalutatissimo Simone Inzaghi.

Il Napoli ha anche provato a giocare, a tratti lo ha fatto (parliamo del primo tempo e poi del veemente finale), ma improvvisamente è stato travolto da folate di vento che non è mai riuscito a contenere. Il più delle volte – sempre nel primo tempo – queste folate sono arrivate sulla propria corsia di sinistra. È lì che Inzaghi ha inizialmente individuato il punto debole della squadra di Spalletti. È lì che Darmian ha imperversato, appoggiato da Barella che è un calciatore che renderebbe entusiasti tifosi di qualsiasi squadra. Poi, nella ripresa, si era già sul 2-1, i buchi si sono aperti anche a sinistra. Ogni incursione dell’Inter è diventata un’azione pericolosa.

Si dice che le partite sono anche episodi. Ma il Napoli ha giusto qualcosina da recriminare. Non tanto sul braccio largo di Koulibaly su tiro ravvicinato di Barella (che ha provocato il rigore dell’1-1), quanto sulla furbesca ostruzione di Bastoni nei confronti di Ospina sulla rete di Perisic. Il portiere colombiano mai avrebbe immaginato che oltre la linea piccola Perisic avrebbe colpito a rete di testa. E invece così è andata: una sorta di veloce della pallavolo su calcio d’angolo. Angolo nato da una respinta di Ospina su tiro di Barella (onnipresente) su palla persa da Insigne nella famigerata costruzione dal basso.

Sì vabbè ma il Napoli? Il compito lo ha svolto. Consapevole della propria qualità. È anche andato anche in vantaggio. Ancora una volta è stato determinante un pallone recuperato a metà campo. I palloni recuperati sono il sale del calcio contemporaneo. Lo ha recuperato Zielinski, appoggiato a Insigne – e qui ci siamo accorti per la prima volta che il 24 era in campo, la seconda è stata sulla palla persa che ha condotto al corner del vantaggio Inter. Insigne si è avvicinato alla porta, Osimhen si è spostato a sinistra provocando il conseguente smottamento della periclitante difesa nerazzurra. e Zielinski da fuori ha ricordato che il suo destro somiglierebbe a quello di Shingo Tamay. Handanovic ha invano cercato il pallone nell’aria.

Il Napoli è stato pericoloso a destra. Dove Lozano ha superato un paio di volte l’avversario e servito bene Osimhen che non è riuscito a segnare da centravanti alla Gerd Muller. Così come Di Lorenzo non è riuscito a fare Djalma Santos o Cafu su una splendida palla dentro di Zielinski che gli ha spalancato una camera con vista su Handanovic. Di fatto, il Napoli è finito qui. O meglio, è sparito per un bel po’. Prima della fiammata finale. Anche perché nella ripresa, dopo pochi minuti Osimhen è stato costretto a uscire dopo una tremenda capocciata con Skriniar. È rimasto Lozano che si è battuto. Insigne, come detto, non pervenuto. È rimasto in campo 75 minuti, decisamente troppi per la prestazione offerta. Nel frattempo, in ripartenza Lautaro ha firmato il 3-1 e c’è voluto Mertens al posto del capitano per risvegliare il Napoli con un tiro alla Mertens appena tre minuti dopo essere entrato in campo. Nel finale, otto minuti di recuperi e pari sfiorato prima da Mario Rui e poi dallo stesso Mertens. Ma vivaddio nel finale si è vista una squadra con anima.

Infine due parole su Simone Inzaghi. È un tecnico bistrattato perché poco contemporaneo. Ma se Calhanoglu è sembrato più giocatore di Luis Alberto visto (si a per dire) in Lazio-Juventus, qualche domanda uno dovrà pur porsela. Della scelta del punto debole del Napoli abbiamo detto. Di Barella pure. Ha schierato con sprezzo del pericolo Ranocchia al centro della difesa. E sugli esterni ha macinato il Napoli prima sulla destra e poi sulla sinistra. Non fa possesso palla, i tifosi dell’Inter se ne faranno una ragione.

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