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Se Spalletti restituisse Mertens al Napoli

Riuscirà a tornare decisivo o le sue apparizioni resteranno un tributo al Mertens di una volta? È un bivio da cui dipenderà tanto del futuro del Napoli

Se Spalletti restituisse Mertens al Napoli
Hermann / KontroLab

Qualche giorno fa ai microfoni di 1Station Radio l’ex allenatore dell’Inter Corrado Orrico s’è lasciato scappare una piccola confessione che gli avrebbe fatto il tecnico del Napoli, il suo conterraneo Luciano Spalletti.

“Haro Horrado – così deve avergli detto, più o meno, Lucianone – qui nessuno parla del fatto che ho a disposizione una harta nascosta formidabile: Dries Mertens”.

Ed in effetti, vuoi per le sorprendenti sette vittorie consecutive degli azzurri e vuoi per l’exploit definitivo di un Osimhen ben avviato alla consacrazione, è passata quasi inosservata un’assenza che in altri tempi, probabilmente, avrebbe fatto ben più rumore.

Mertens non è un calciatore qualsiasi. Mertens è il calciatore più prolifico della storia del Napoli. E dunque è uno che – in condizione – sposta gli equilibri, decide le partite, sigla gol pesanti. Mertens è una firma d’autore: lo dice la sua storia e lo dice pure il suo stipendio che ha confermato con un rinnovo di contratto milionario che De Laurentiis gli ha eccezionalmente tributato nonostante i trentatré (ora trentaquattro) anni suonati.

Con l’ingresso in campo nella partita contro la Fiorentina, però, come direbbe Piccinini, l’attesa è finita. Alla settima giornata è iniziato pure il campionato di Dries. Il nono all’ombra del Vesuvio. Proprio alla vigilia di una sosta che potrebbe contribuire a rimetterlo del tutto a lucido, pronto a risalire sul palco.

E però se Mertens non è un calciatore qualsiasi (come dice la sua storia e il suo stipendio), è chiaro che l’obiettivo non può essere salire sul palco per qualche breve comparsata. Sarebbe triste se, dopo aver battuto tutti i record, Dries (che ha un contratto che scade nel 2022, con il Napoli che può esercitare un’opzione unilaterale di rinnovo per un altro anno) si ritrovasse a chiudere la sua esperienza napoletana nell’anonimato tattico cui era stato relegato nell’ultima tranche della scorsa stagione, quando come uno di quei personaggi pirandelliani in cerca d’autore, subentrava negli ultimi venti minuti per il solo fatto di essere Mertens. Spesso senza incidere e con compiti poco chiari. Come se fosse una tassa che Gattuso pagava alla fama di Dries.

Bisogna dirlo con una certa chiarezza: il Mertens che abbiamo visto dopo l’infortunio alla caviglia rimediato a San Siro lo scorso dicembre è sembrato, per lunghi tratti e pure agli Europei, un calciatore al crepuscolo.

Che non ha certo smarrito classe e colpi, ci mancherebbe. Lo testimonia bene quel destro di prima intenzione dal limite dell’area con cui ha trafitto Reina a fine aprile, quando un Napoli che rifilava una manita alla Lazio di Inzaghi sembrava instradato alla qualificazione in Champions.

Ma che non sembra poter recuperare la brillantezza atletica né per sostituire un’iradiddio come Osimhen, che da solo sa tenere impegnate intere linee difensive avversarie, né per svolgere quel ruolo di cerniera tra centrocampo ed attacco che Spalletti chiede a calciatori con le caratteristiche fisiche e tecniche di Zielinski, Elmas, Ounas. Il Nainggolan di Roma, per intenderci.

Eppure, se Spalletti riuscisse a dare nel copione di questo spettacolo – che bene ha funzionato in questa primissima parte di stagione – la parte giusta a un calciatore importante come Mertens potrebbe allungare la carriera al belga (come ha fatto con Totti, nonostante polemiche e fiction) e potrebbe restituire al Napoli una pedina che ha dimostrato in carriera di essere più che in grado di dare il suo contributo perché vengano messi in cascina punti importanti. Una pedina decisiva per aggiungere qualcosa di diverso in quella scatola che è una partita o una stagione (per utilizzare proprio una metafora spallettiana). Una risorsa sui generis. Che attualmente non c’è.

Mertens, insomma, non può essere semplicemente un’alternativa. E questo sia perché ha caratteristiche completamente diverse dai titolari (sulla carta Osimhen e Zielinski) sia perché non è più il calciatore da subentro che è stato negli anni di Benitez, quando entrava dalla panchina e con qualche strappo cambiava la partita. Ma pure perché non è escluso che alla terza o alla quarta panchina consecutiva possa prender quota qualche mugugno, perfino legittimo.

Perché Mertens sia la carta formidabile di cui ha parlato ad Orrico, allora, l’allenatore del Napoli dovrà inventarsi qualcosa. Anche tatticamente. È un tema di questa sosta e non solo. Se Spalletti restituisse Mertens al Napoli, se lo mettesse in condizione di incidere, aggiungerebbe davvero ad un arco che già pare funzionare una freccia importantissima. In grado di allargare addirittura gli orizzonti di questa squadra e di questa stagione.

Ci vuole un’immensa attenzione, però. Perché da fenomenale risorsa a potenziale problema il passo può esser breve. Brevissimo.

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