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Il Napoli di Sarri e quello di Spalletti hanno in comune le otto vittorie di fila. E basta

Di quella formazione sono rimasti tre titolari. Zielinski era un comprimario. Segnavano di più, questa incassa meno. Sarri era a fine ciclo, Spalletti all’inizio

Il Napoli di Sarri e quello di Spalletti hanno in comune le otto vittorie di fila. E basta
As Roma 25/04/2016 - campionato di calcio serie A / Roma-Napoli / foto Antonello Sammarco/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti-Maurizio Sarri

Quattro anni dopo, il Napoli torna a vincere le prime otto partite del suo campionato. Sebbene il lasso temporale sia breve, sono però pochissimi i punti di contatto tra questa squadra e quella del 2017/18 che terminò con i celebri 91 punti non sufficienti per il primo posto. Come rosa, ci sono in comune tre titolari (Insigne, Koulibaly e il terzino sinistro, Mario Rui o Ghoulam che sia) e due giocatori che quattro anni fa, seppur in maniera diversa, erano comprimari (Zielinski fu titolare in quindici partite e giocò 90 minuti in appena sei gare, Ounas totalizzò addirittura 89 minuti in tutto il campionato).

Il Napoli di Sarri nel 17/18 era al terzo anno del suo progetto e aveva iniziato la stagione conscio di puntare al traguardo massimo, questo di Spalletti è ai primi due mesi di un ciclo partito consapevole della difficoltà di puntare alla qualificazione Champions. Il Napoli di quattro anni fa segnava di più (26 gol contro i 19 attuali) ed era meno ermetico (cinque reti subite, due in più di questa stagione) e nonostante fosse uno schiacciasassi (vinse una sola partita con un gol di scarto, quello attuale invece ne ha portate a casa ben quattro di misura) aveva due punti di vantaggio sull’Inter e cinque su Juventus e Lazio. Questo di Spalletti ha invece alle calcagna il Milan, ma vanta sette lunghezze di vantaggio su Inter e ben nove sulla quarta, la Roma.

Il margine sulle quinte è il dato più importante perché il giusto entusiasmo per un inizio di stagione tanto inaspettato quanto straordinario non deve fare perdere di vista da dove si è partiti (delusi per il quinto posto della stagione precedente e incerti sul raggiungimento della qualificazione Champions in quella attuale) e dove si sia adesso (ad appena un quinto del campionato). Vincere contro il Torino era però un esame ben più difficile di quanto dicesse la classifica: quella di Juric è una squadra che concede pochissimo e dotata delle armi giuste per mettere in difficoltà il Napoli. La squadra granata è forte fisicamente, gioca in maniera aggressiva e aveva il suo uomo più forte, Bremer, incollato al giocatore chiave della squadra di Spalletti, Osimhen. Proprio il nigeriano è stato il match winner, grazie ad un’incornata maestosa (a proposito dei suoi miglioramenti, questo è il suo secondo gol stagionale di testa) capace di decidere una partita che sembrava ormai stregata dopo il rigore sbagliato da Insigne e il palo clamoroso colpito da Lozano. Aggiornando la classifica del suo rendimento da marzo ad adesso, Viktor ha segnato 15 gol in 1498 minuti: numeri impressionanti.

Le fortune del Napoli potrebbero dipendere anche dalla decisione su chi sarà il calciatore a tirare gli eventuali prossimi calci di rigore. Insigne ne ha sbagliati quattro degli ultimi sei e cinque degli ultimi undici. Se Ibrahimovic, nonostante il suo smisurato ego, per il bene del Milan ha deciso, dopo aver sbagliato quattro degli ultimi otto penalties, di lasciarli tirare a Kessie, il capitano del Napoli potrebbe fare altrettanto. In una stagione così importante per lui e la sua squadra, con un eventuale passo indietro, anche temporaneo, mostrerebbe altruismo e attaccamento alla maglia. Le prime qualità richieste ai rigoristi sono la serenità e la freddezza al momento del tiro: per varie ragioni il capitano non sembra al momento in grado di garantirle.

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