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Il film che Ettore Scola aveva pensato per Massimo Troisi

Scrisse un soggetto intitolato “Un drago a forma di nuvola” che è diventato “Il materiale emotivo” con Sergio Castellitto che ne ha riscritto la sceneggiatura con Margaret Mazzantini

Il film che Ettore Scola aveva pensato per Massimo Troisi

Ettore Scola scrisse un soggetto intitolato “Un drago a forma di nuvola” e con la figlia Silvia e Furio Scarpelli ne ricavò una sceneggiatura che, narrano le cronache, avrebbe dovuto portare ad un film per Gérard Depardieu e Massimo Troisi. Invece il tutto ha portato ad una nuova sceneggiatura scritta da Margaret Mazzantini e Sergio Castellitto, con il fuoriclasse Ivo Milazzo – che fece del soggetto di Scola una graphic novel – ed ha generato il film – in sala in questi giorni – “Il materiale emotivo”. In una Parigi odierna ma che sembra disegnata come un quartiere parigino in una quinta teatrale c’è Vincenzo (Sergio Castellitto), un libraio che viene tenuto in vita solo dal colloquio con i suoi classici: sua figlia Albertine (Matilda De Angelis) dopo un incidente in piscina vive su una carrozzina e soprattutto non parla. In questo microcosmo sentimentale non c’è niente di materiale ma c’è un eccesso dell’ossimorico materiale emotivo.

Yolande (Bérénice Bejo) – attrice del teatro che si trova nel quadro del palcoscenico – ricerca quote di questa sostanza e le trova in Vincenzo che gliele fornisce in sopraquota di citazioni colte – Wilde e Hemingway, Goethe e Boris Vian, Yourcenair e Dostoevsky – ma vive. La stessa letteratura sognante – “Il barone rampante” di Calvino ed il “Don Chisciotte della Mancia” di Cervantes – è letta da Vincenzo ad Abertine e nutre le speranze di risveglio della figlia, che non vuole fare il primo passo per il ritorno alla vita.

E mentre la vita scorre con la badante Colombe ed il medico Gerard (Alex Lutz) – ed il cammeo di Madame Milo (Sandra Milo) – che accudiscono la ragazza ed il ragazzo del bar Clemente (un inedito Clementino) che porta colazioni per risvegli che assomigliano a rianimazioni, la storia tra Vincenzo e Yolande cresce sognante ma ritrosa. “Il materiale emotivo” è una favola teatrale in forma di immagini cinematografiche – con la fotografia di Italo Petriccione che lega tutte queste forme e generi – e che solleva e riempie l’animo in questo mondo dominato da altri algoritmi che ci svuotano. Il finale rompe qualche illusione perché ricompare la materialità, ma è bello avere giocato a quella illusione.

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