Il Fatto intervista Silvio Orlando: «Non ero lucido: un sogno di cui non ero artefice, tra handicap e inciampi, una materia non dominata»

Silvio Orlando torna al cinema dal 3 novembre con il film di Roberto Andò, Il bambino nascosto” di Roberto Andò. Racconta che spesso i suoi personaggi gli assomigliano.
«Spesso coincidono. Voglio esserci solo quando è necessario, non sgomito. È una piccola rivoluzione individuale, non so fino a che punto politica: porta con sé l’autolesionismo, sebbene alla punizione fisica non sia ancora arrivato».
Nel film interpreta un professore di pianoforte che nasconde in casa sua un bambino per evitare che cada vittima della camorra. Racconta di essere stato terrorizzato dalle accuse di pedofilia, nel girare il film.
«Un incubo, mi ha ossessionato. Nel privato: trovare una complicità col bambino, Giuseppe Pirozzi, mi metteva ansia. La pedofilia ha avuto effetti devastanti: oggi adulti e piccoli sono separati, i rapporti si sono irrigiditi. Del resto, basta una mezza accusa e la tua vita è distrutta. Ho pregato in ginocchio Roberto Andò di levare ogni elemento morboso dalla relazione tra il mio Gabriele e Ciro, che ci fosse solo candore».
Orlando non era al cinema da 5 anni.
«Al cinema mancavo dal 2016: non se n’è accorto nessuno. Il bambino nascosto è il mio ritorno, l’ho fatto prima di Ariaferma: rileva la mia maturità artistica, il mio stato dell’arte».
E sulla serie di Sorrentino, The Young Pope, in cui interpretava il mitico Cardinal Voiello:
«Mi ha travolto, non ero lucido: un sogno di cui non ero artefice, tra handicap e inciampi, una materia non dominata».