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È la fase difensiva la grande forza del Napoli di Spalletti, è la squadra che concede meno

Uno studio del Cies lo conferma. Il Napoli concede appena 3.7 occasioni a partita. Milan e Juventus 4.9, l’Inter 5.3. La chiave è la trasformazione del centrocampo

È la fase difensiva la grande forza del Napoli di Spalletti, è la squadra che concede meno
Db Genova 29/08/2021 - campionato di calcio serie A / Genoa-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Luciano Spalletti

Il calcio italiano si sta internazionalizzando, è un dato di fatto. I pareggi senza reti sono sempre più rari e tutte le squadre, al netto dei propri limiti, privilegiano la costruzione dal basso per favorire la creazione di spazi dove sviluppare la manovra offensiva. La compattezza difensiva non è più un obiettivo da perseguire ma una conseguenza di concetti di gioco ben applicati, con una particolare attenzione alla riconquista del possesso in modo da eseguire un’efficace transizione offensiva. Nonostante questi cambiamenti tattici e filosofici, resta attuale il principio secondo cui per vincere lo scudetto bisogna avere la miglior difesa. Il Napoli, in questo senso, ha legittimato la posizione di vertice essendo per distacco la squadra che subisce meno: soltanto tre reti in otto partite, con Inter (7) e Roma (9) che seguono ben distanziate.

Uno studio recente del Cies, che ha analizzato il rapporto tra occasioni create e concesse, ha confermato questo status. La squadra di Luciano Spalletti è la seconda in Italia in questo rapporto: crea la media di 8 big chance contro le 3.7 concesse. Soltanto l’Inter ha un rapporto migliore, ne crea 11.4 e ne concede 5.3. La differenza è minima (2.15 contro 2.16) ed è così sottile perché i nerazzurri hanno scelto consapevolmente un’impostazione molto più proiettata all’attacco, essendo anche la squadra che segna di più in Serie A. Il Napoli è la squadra che concede meno occasioni da rete agli avversari: 3.7 appunto. Più dietro Torino e Udinese con 4.4, poi Juventus Milan e Venezia che concedono 4.9 occasioni da rete a partita.

Ciò che emerge è una solidità difensiva importante, quasi senza precedenti, che con Spalletti ha trovato l’esatta combinazione tra accorgimenti codificati e le caratteristiche individuali dei calciatori. Gli elementi chiave dell’assetto in fase di non possesso, che si imposta col classico 4-4-2 o 4-5-1, sono i due centrocampisti. Anguissa ha garantito fisicità e le sue abilità nel pressing sono decisive, mentre Fabian Ruiz ha sviluppato capacità in fase di interdizione mai così spiccate. Lo spagnolo infatti quando il Napoli serra le linee occupa una posizione intermedia tra la difesa e il centrocampo, scoraggiando le imbucate centrali. Un lavoro molto semplificato dalla predisposizione difensiva degli esterni offensivi: Politano e Insigne ripiegano bene e con continuità, permettendo a Di Lorenzo e Mario Rui di stringere verso l’interno del campo.

Come già accennato, spesso il posizionamento senza palla è studiato anche in virtù della transizione offensiva. Per questo motivo ad Insigne – e meno di frequente a Politano – è concessa qualche libertà in più in fatto di marcatura, proprio perché possa dare l’input al contropiede che con Osimhen diventa un’arma da sfruttare. Così Mario Rui spesso si trova assegnato ad una zona troppo vasta, ma può contare sulla presenza di Koulibaly, in stato di grazia: quando i tagli avversari avvengono in mezzo ai due difensori, il senegalese si è dimostrato in grado di arginare il pericolo nella maggior parte dei casi. Il rovescio della medaglia vede con una certa frequenza il Napoli soffrire in questa situazione di gioco, che talvolta porta al cross da destra degli avversari e ad un ripiegamento frettoloso e, inevitabilmente, impreciso. È capitato a Genova sul gol di Cambiaso, a Leicester sul gol di Perez, così come col Torino con Brekalo che ha fallito un’invitante opportunità di segnare.

L’affidabilità del portiere gioca chiaramente un ruolo fondamentale. In tal senso, Ospina è protagonista finora di un’ottima stagione, al punto da aver riportato per il terzo anno di fila il ballottaggio con Meret a proprio favore. I rischi dunque sono per la maggior parte calcolati: laddove gli avversari riescano a fare breccia, si trovano davanti individualità di spessore, che sanno ammortizzare il pericolo. Un modello chissà quanto sostenibile a lungo termine, che per il momento però si sta dimostrando il migliore in Italia.

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