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Cazzullo dimostra che si può essere neoborbonici anche nascendo in Piemonte

POSTA NAPOLISTA – La crisi di Torino si spiega con la Fiat. È sorprendente che il giornalista la butti sulla presunta mancanza di orgoglio e di autostima dei torinesi

Cazzullo dimostra che si può essere neoborbonici anche nascendo in Piemonte
Roma 24/01/2019 - trasmissione Tv 'Povera Patria' / foto Samantha Zucchi/Insidefoto/Image nella foto: Aldo Cazzullo

Caro direttore, ho letto con un certo disagio la rubrica delle lettere del Corriere di qualche giorno fa. Proprio quella da lei proposta in rassegna sul Napolista, nella quale Aldo Cazzullo afferma che il declino di Torino è – tra l’altro – imputabile all’efficacia mediatica delle tesi neoborboniche, che avrebbero demolito i simboli del Risorgimento senza che i torinesi muovessero un dito in loro difesa. A dire il vero è tutto l’impianto della risposta di Cazzullo a lasciarmi molto perplesso, non solo le conclusioni.

Lo riassumo: a fronte di una precedente puntata della rubrica dedicata al declino di Torino, un lettore scrive a Cazzullo che, nonostante le difficoltà del momento (saracinesche chiuse, un certo diffuso grigiore, etc), la città perlomeno non è nelle condizioni di sfacelo amministrativo e materiale di Roma. A questa considerazione condivisibile (a me piacerebbe che Napoli avesse i servizi che l’amministrazione di Torino assicura) il giornalista replica che Roma con tutti i suoi difetti – e tutte le incongruenze amministrative che rendono assai difficile la vita a chi la abita, Cazzullo incluso – ha comunque il pregio di coltivare una generalizzata quanto clamorosa (dal mio punto di vista) autostima. Un sentimento così gagliardo da consentire ai romani di considerare se stessi e Roma come il non plus ultra a dispetto di tutto. Insomma Roma capoccia e non solo del mondo infame. Mi sorprende che per Cazzullo questo atteggiamento mentale – che corrisponde al più miope, deleterio e tipicamente provinciale approccio alla vita di una comunità – debba essere importato nella Torino depressa che non sa più chi è. Immaginiamo pure che questa supponenza romana arrivi a Torino, cosa cambierebbe in città? I torinesi continuerebbero a non sapere chi sono ma si darebbero molte più arie presumendo di essere dei gran fighi in ogni campo.

Una sera di qualche anno fa ho fatto un giro in macchina intorno agli impianti di Mirafiori. Circumnavigarli è come andare da piazza Garibaldi a Posillipo e tornare. Certo un giro in macchina non basta per spiegare ma può essere utile per cominciare a capire che a Torino, negli ultimi 30 anni, è successo qualcosa di enorme: un intero sistema economico e sociale si è letteralmente dissolto lasciando un vuoto (anche materiale) immenso.

Non basteranno a riempirlo tutti i busti di re Vittorio Emanuele, di Cavour e degli altri eroi del Risorgimento che, secondo Cazzullo, i torinesi hanno smesso di spolverare a causa dei neoborbonici.

Come sempre accade con le questioni sostanziali della nostra storia la spiegazione è più complessa (e io non ce l’ho bella pronta). Ma il giornalismo (di oggi) non ama la complessità e condivide con la politica (di oggi) la perversione di dover liquidare ogni questione in due battute. Ma quello che mi amareggia di più è un’altra cosa.

E, cioè, che Cazzullo per spiegare il proprio punto di vista si sia affidato alla retorica di pura marca neoborbonica. Che consiste nella negazione della storia ufficiale a colpi di affermazioni di principio generalmente non suffragate da riscontri attendibili.

A dimostrazione che si può essere neoborbonici anche nascendo in Piemonte.

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