Avvenire: altro che sport popolare, il calcio è una gigantesca Piazza Affari ma i tifosi non lo accettano
Stefano Scacchi sulla protesta dei tifosi del Milan per il caro biglietti. "L'epoca dei mecenati come Moratti e Berlusconi è passata da almeno un decennio, ma la svolta non è ancora stata assimilata".

Ma quale sport popolare: il calcio si è trasformato sempre più in una gigantesca Piazza Affari. E’ il senso dell’articolo a firma di Stefano Scacchi su Avvenire. Il discorso prende spunto dalla protesta dei tifosi del Milan sul caro pressi dei biglietti per la Champions, con conseguente retrofront del club. Oggi non esistono più i mecenati di un tempo, “disposti a investire per passione e ricerca del consenso”, ma i tifosi ancora non lo hanno compreso.
Da anni le partite più importanti hanno biglietti dal prezzo esorbitante.
“La reazione più immediata di fronte a questi costi è improntata allo sdegno per una tendenza considerata inadeguata a uno sport popolare come il calcio. Ma queste sembrano considerazioni ormai inadatte ai 15-20 club più importanti d’Europa. A questo livello il calcio è una gigantesca Piazza Affari dove è tutto multi-milionario, gli interessi sono geopolitici e le proprietà sono spesso fondi finanziari internazionali. Cosa resta di popolare in tutto questo? Sceicchi a parte, i club devono fondamentalmente auto-sostenersi scegliendo benissimo i calciatori senza sbagliare un colpo, come fanno Liverpool e Lipsia. I tifosi si lamentano quando vedono un calciatore andare via a parametro zero. Però poi criticano i prezzi troppo elevati che potrebbero generare ricavi utili a trattenere quei giocatori”.
“Non si può continuare a ragionare come se ci fossero ancora al timone Massimo Moratti e Silvio Berlusconi. È un’epoca passata da almeno un decennio, ma la svolta non è ancora stata assimilata”.