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Agnelli: «I campionati nazionali non sono meritocratici. Gli equilibri commerciali estranei allo sport»

Nella lettera agli azionisti della Juve la “vision” del presidente: le polemiche su Dazn? Anacronistiche, i giovani non la guardano nemmeno la tv. L’attacco alle istituzioni del calcio

Agnelli: «I campionati nazionali non sono meritocratici. Gli equilibri commerciali estranei allo sport»
Torino 01/08/2020 - campionato di calcio serie A / Juventus-Roma / foto Image Sport nella foto: Andrea Agnelli

Andrea Agnelli scrive agli azionisti della Juventus. Una lettera in cui il presidente bianconero delinea la sua “visione” dei massimi sistemi calcistici, almeno nella porzione che riguarda da vicino il presente e il futuro del club bianconero: l’economia, le strategie, e l’immancabile Superlega. Una lettura non proprio scontata, a tratti anche un po’ eccentrica.

Agnelli scrive che negli “ultimi 10 anni” la Juve ha avuto “uno straordinario sviluppo della Società in termini di ricavi, affermazione del brand nel panorama globale, infrastrutturale (Stadium e Village), progettualità sportiva (Women e U23) e di organico”.

I conti in rosso, le previsioni di bilancio disastrose sono solo un prodotto della pandemia: “I danni causati sono stati ingenti. Intere linee di ricavo sono scomparse da un momento all’altro, mentre la base dei costi è rimasta immutata”. Soprattutto se tra i costi c’è la voce Cristiano Ronaldo. Ma tra le righe, volendo, si può leggere anche una piccola autocritica:

“Il calcio, abituato nell’ultimo ventennio a crescere in doppia cifra in modo totalmente inelastico rispetto a tutte le crisi che hanno, nello stesso periodo, colpito l’economia e la società, ha sviluppato al proprio interno un’eccessiva fiducia che si è tradotta in un’eccessiva confidenza con il rischio”.

Nel mondo di Agnelli, che è poi quello che aderisce perfettamente alla visione del mercato-panacea che hanno molti altri i Presidenti di Serie A, “le transazioni per l’acquisizione e cessione delle prestazioni dei calciatori per molti club erano diventate una componente rilevante del modello di business per mitigare il rischio sportivo, che nella nostra industria coincide con il rischio economico-finanziario”.
Ma non è solo colpa della pandemia, si legge ad un certo punto. Agnelli – il presidente della Juventus, nonché ex Presidente dell’Eca – se la prende direttamente con… “le grandi istituzioni del calcio, che agli albori svolgevano la funzione di terze parti indipendenti e garanti dell’applicazione corretta delle regole, hanno progressivamente aggiunto al ruolo di regolatori quello di organizzatori, broker, distributori del prodotto calcio e infine percettori e distributori dei proventi”.
La seconda parte della lettera è quella prospettica, in cui Agnelli parla dei suoi grandi cavalli di battaglia: i giovani da tenere incollati agli smartphone, e la Superlega “meritrocratica”. Con una riformulazione rivoluzionaria del concetto stesso di meritocrazia.
Secondo Agnelli il calcio non può prescindere dalla “generazione Z”, da “questa nuova generazione che oscilla ormai tra i 12 e i 21 anni d’età”. E dunque tutte le polemiche sul passaggio a Dazn, per esempio, sono inutili. Di cosa parliamo? Quello è il futuro:

“Le opportunità fornite dalla rivoluzione digitale possono certamente contribuire ad avvicinare questi giovani. In questo senso, il dibattito e le critiche sulla fruizione delle partite “live” con mezzi diversi dalla tv tradizionale sono anacronistici e destinati a scomparire. Nel mondo digitalizzato l’utente ha un potere di scelta enorme, che non può essere ignorato e, pertanto, egli sceglierà in base alle proprie inclinazioni e ai valori che lo rappresentano”.

Sempre che riesca a vederle, le cose che sceglierà.

E dunque la Superlega. Agnelli ripete i concetti cardine della rivoluzione mancata. E visto che la gente gli aveva rinfacciato di voler creare una competizione a inviti, ecco il capolavoro per ribaltarne il senso:

“un nuovo concetto di meritocrazia sportiva, concetto che non può basarsi esclusivamente sulle performance domestiche in ossequio a equilibri geopolitici e commerciali che dovrebbero rimanere estranei all’essenza dello sport”.

Tradotto: per Agnelli quella derivante dai campionati nazionali non è vera meritocrazia, perché è limitativo dover competere nei confini nazionali. Se la Juve non conquistasse la qualificazione Champions in Italia, non è mica detto che cambiando gli avversari le cose non andrebbero diversamente. Insomma, ad Agnelli va stretto il concetto stretto di Stato, almeno in ambito sportivo, ecco.

Il finale è dedicato a un non meglio precisato “dialogo politico” che non può trascurare – anche – le esigenze degli “investitori, che assumono tutto il rischio imprenditoriale dell’industria calcistica”.

Gli stessi che da un paio d’anni chiedono aiuti di Stato e ristori piangendo miseria.

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