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Il New York Times: «Ronaldo non aggiunge niente allo United, e il romanticismo non c’entra»

“E’ solo un’operazione di marketing. E dimostra che la migliore squadra italiana non può più permettersi il suo miglior giocatore”

Il New York Times: «Ronaldo non aggiunge niente allo United, e il romanticismo non c’entra»
Db Udine 22/08/2021 - campionato di calcio serie A / Udinese-Juventus / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Cristiano Ronaldo

Il ritorno di Ronaldo al Manchester United non è “una storia incentrata su temi commoventi come romanticismo, amore, memoria e amicizia”. Per il New York Times è “pragmatismo nostalgico”, puro e semplice: nessun altro se lo poteva (e voleva) permetterselo. Compresa la Juve: “Niente di tutto questo avrebbe avuto importanza se non fosse stato per il chiaro e semplice fatto che la Juventus aveva bisogno che Ronaldo se ne andasse“.

Il motivo è semplice, per il Nyt: “In un’epoca di austerità il suo stipendio non poteva essere giustificato. La Juventus non si trova in difficoltà così gravi come il Barcellona, ​​ad esempio, ma i suoi tentativi di ricostruire la sua squadra sono stati ostacolati dal suo impegno con Ronaldo. Non voleva, in senso sportivo, perderlo. In senso economico, però, aveva poca scelta”.

Ma Ronaldo, scrive il New York Times, “oltre che in virtù dell’essere Ronaldo non risolve nessuna esigenza sportiva particolarmente pressante” nemmeno allo United. “Non offre l’equilibrio della squadra di Solskjaer. Lo United non stava chiedendo disperatamente un attaccante da 20 gol a stagione, dando l’impressione di muoversi a malapena per gran parte della partita”. L’ingaggio ha invece a che fare con una operazione commerciale, finanziaria e di marketing, in un ripristino di prestigio”. Ronaldo “è un ricordo felice e un’incarnazione della speranza, un’opportunità per credere che possa essere di nuovo come una volta”.

La verità è che “Ronaldo ora è, in un certo senso, troppo grande per il calcio, o almeno per la stragrande maggioranza di esso”. E che in seconda battuta – a proposito dell’impoverimento della Serie A – “la squadra più ricca, famosa e vincente d’Italia non può più permettersi il suo miglior giocatore”.

 

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