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Spalletti cerca un rapporto con Napoli ma non sul terreno del populismo

Si rivolge alla città, evidentemente incuriosito e affascinato, e si sottrae subito alla corrente del complottismo: «Ho molta fiducia negli arbitri»

Spalletti cerca un rapporto con Napoli ma non sul terreno del populismo

L’essenza del suo tentativo Spalletti l’ha chiarita subito: ricostruire in un tempo che si spera di rinascita (con gli stadi pieni, quindi) un rapporto viscerale e finanche identitario tra la squadra che è chiamato ad allenare e la città dove il calcio e i miracoli sono la stessa cosa.

Ancor più che ai giornalisti e ancor più che ai calciatori, è proprio alla Napoli città che Spalletti si rivolge nella sua conferenza stampa di presentazione. Lo affascina per la capacità di rendere in qualche modo eterni i suoi beniamini. Ed è a questa forma di gloria che aspira, quando annuncia l’ambizione di essere ricordato, assieme coi suoi ragazzi, dai napoletani.

È una sfida assai complessa, per niente da poco.

Pure perché l’allenatore toscano, il terzo della nuova era dopo Mazzarri e Sarri, è – molto diversamente da questi suoi colleghi, piuttosto amati dalle nostre parti – un nemico giurato delle vulgate populiste e demagogiche che con una certa facilità fanno invece breccia nel core di Napoli.

Per avvalorare il concetto basti l’esempio lampante della sua seconda esperienza capitolina, quando er pelato è stato, poi perfino televisivamente, l’antagonista senza scrupoli di quel monumento ch’è Francesco Totti a Roma.

E pure qui Spalletti s’è presentato subito per quello che è, quando – pungolato da un giornalista in sala sugli episodi di Inter – Juve del 2018 e sull’utilizzo del VAR – ha ammazzato immediatamente gli istinti complottisti e vittimistici che da molti anni accompagnano e tormentano una parte della piazza partenopea: su questi aspetti qui – ha dichiarato – proprio non posso aiutarvi. Ho molta fiducia negli arbitri, c’è un rapporto amichevole (dentro una professionalità) e mi risulta difficile sindacare su questo o su quell’episodio. In carriera me ne sono capitati a favore e contro. Il VAR, poi, mette a posto tante situazioni ed è un passo da giganti. Poi ovvio che l’interpretazione degli episodi continua a giocare un ruolo fondamentale.

Sfacciato, insomma. Come il Napoli di scugnizzi che gli piacerebbe. Un Napoli capace di dare il massimo su qualsiasi campo, evitando quei passaggi a vuoto mentali che hanno caratterizzato le ultime stagioni.

Sfacciatamente ambizioso nella convinzione di poter costruire una squadra forte quanto quella degli scorsi anni (pure quella più recente, forse poco consapevole di esserlo) pur dentro la politica piuttosto obbligata di spending review annunciata a Roma da De Laurentiis una settimana fa. Perché contenere alcuni costi non significa necessariamente ridimensionarsi se la qualificazione alla prossima Champions è annunciata come ossessione oltre che obiettivo del Napoli di Spalletti. Che però non per questo dovrà cedere al richiamo di dosare le forze nelle altre competizioni, a cominciare dall’Europa League: nel bosco ci sono gli animali e anche quello più feroce mette tutta la forza che ha per mangiare, non la dosa mai a seconda della preda.

Ammiccante, provocatorio, intelligente: i due anni di stop non hanno cambiato di una virgola l’appetibilità giornalistica di un comunicatore nato come Luciano Spalletti. Il bello sarà vedere se riuscirà a realizzare questo suo augurio: entrare nella storia e nelle memorie della Città nell’unico modo che conosce – coi risultati – rifuggendo il richiamo degli alibi (il Napoli ha calciatori forti e già in debito con me), dei populismi… e dei papponismi.

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