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“Sono gay e campione olimpico”. La storia da film di Tom Daley, dal bullismo ad un matrimonio da Oscar

La violenza a scuola, la morte del padre, il matrimonio e un figlio col produttore di Milk: il Telegraph racconta la “lezione morale” del suo oro a Tokyo

“Sono gay e campione olimpico”. La storia da film di Tom Daley, dal bullismo ad un matrimonio da Oscar
Af Roma 21/07/2009 - Mondiali di nuoto Roma 2009 / tuffi dalla piattaforma 10 Mt. maschile / foto Alfredo Falcone/Image Sport nella foto: Daley

L’oro di Tom Daley è una di quelle storie perfettamente “olimpiche”, che hanno scadenza breve. Piena di cose, a tratti epica, e molto sconosciuta dalle nostre parti. Da farci un film, e non è detto che non lo facciano davvero.

Tom Daley, tanto per cominciare, è un “vecchio” specialista di tuffi sincronizzati inglese anche se è ancora giovane. Fu, come si dice, enfant prodige. Ha affrontato i suoi primi Giochi a 14 anni. Aveva vinto per tre volte i Mondiali, cinque gli Europei, due volte la Coppa del mondo di tuffi. L’oro alle Olimpiadi mai. A Londra, nel 2012, i suoi due bronzi furono una specie di dramma nazionale.

Oggi Daley ha vinto l’Oro a Tokio dalla piattaforma dei 10 metri in coppia con Matty Lee. E ancora bagnato, un po’ dall’acqua della piscina un po’ dalle sue stesse lacrime, ha detto:

“Sono orgoglioso di poter dire che sono un uomo gay e anche un campione olimpico. Quando ero più giovane sentivo che non avrei mai ottenuto nulla a causa di chi ero”.

Che fosse gay l’aveva già detto quasi 10 anni fa, e l’aveva fatto su Youtube, così:

Il Telegraph celebra la sua vita, piena di simboli e di lotte e di dolori. Una lezione morale, quasi. Ha che fare col bullismo, le rivincite, la morte del padre e l’aver sposato un produttore di film da Oscar.

“Il significato di Daley come atleta si è da tempo esteso oltre le contorsioni cui costringe il suo corpo nei salti dal trampolino. È un vlogger, attivista, padre, e di importante portavoce della comunità LGBT“,

Daley tornerà più volte su questo tema: l’insicurezza, il senso corrosivo dell’inadeguatezza. “La sua struttura delicata smentisce una forza prodigiosa. Ma psicologicamente è stato strapazzato. Ha dovuto cambiare scuola a causa del bullismo implacabile, e spesso è sembrato sfinito dall’esame spietato che è arrivato con la fama”.

Ha vinto l’oro quando nessuno più se lo aspettava. “Per essere uno il cui mestiere è distillato in minuscole esplosioni di brillantezza acrobatica, ha un senso del tempo teatrale”.

Suo padre, Rob, è morto per un tumore al cervello nel 2011, a soli 40 anni. Daley avrebbe riconosciuto in seguito che non si era nemmeno concesso il tempo di provare dolore, era troppo preso dalla preparazione per Londra 2012. “Fu in seguito che sentì che la sua vita stava andando a rotoli, che non aveva nessuno con cui confidarsi, che anche mentre stringeva il suo primo bronzo olimpico, si sentiva al suo punto più basso”.

Va dunque su Youtube e fa coming out: “La mia vita è cambiata enormemente quando ho incontrato qualcuno. E mi fa sentire così felice, così al sicuro. E questo qualcuno è un ragazzo”.

L’uomo in questione non era uno qualunque. Era lo sceneggiatore Dustin Lance Black. Con lui ha avuto un figlio, Robert (come il papà morto), grazie alla tecnica della maternità surrogata. Black aveva vinto un Oscar per Milk, il film biografico del 2008 sull’attivista Harvey Milk.

Per il Telegraph questo oro olimpico a fine carriera è la catarsi perfetta di una storia incredibile.
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