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Martinez: «Il calcio non è degli allenatori, dovremmo stare in secondo piano»

Il tecnico del Belgio a El Pais: “L’Italia non perde da 31 partite e non è un caso. Il segreto sono i giocatori, e il talento da solo non basta. L’atletica lo purifica”

Martinez: «Il calcio non è degli allenatori, dovremmo stare in secondo piano»
San Pietroburgo 12/06/2021 - Euro 2020 / Belgio-Russia / foto Uefa/Image Sport nella foto: Eden Hazard-Roberto Martinez

Roberto Martínez, che stasera guiderà il Belgio contro l’Italia, per El Pais “è stato un pioniere”. Uno spagnolo apolide che appena uscita la legge Bosman, nel 1995, dopo aver giocato una sola partita col Saragozza, ha fatto i bagagli e se nè andato in Inghilterra, al Wigan, Third Division inglese. È diventato inglese. Sposato con una scozzese, ha trascorso tutta la sua carriera da giocatore in Premier League prima di saltare in panchina sempre nel Regno Unito. “Quando lavori nel mondo del calcio devi assorbire la cultura del luogo in cui ti trovi. Devi sapere cosa vuole il tifoso e cosa gli piace. Ci sono tanti modi di intendere questo sport e quello corretto è quello che vale per ogni istituzione. È essenziale aprirsi e adattarsi. E, soprattutto, ascoltare”.

A El Pais racconta un po’ della sua visione del calcio. “Il calcio – dice – non è per gli allenatori. Il calcio è per il divertimento dei giocatori. Penso che l’allenatore dovrebbe essere sempre in secondo piano. Puoi preparare molto tutto, ma quello che prende le decisioni e che ti fan vincere o perdere una partita è il giocatore”.

E quindi a che serve Martinez?

“A creare un ambiente in cui ogni membro della squadra può godere appieno di tutto e dare il cento per cento. Le grandi squadre sono quelle che lavorano con naturalezza perché creano con tanta passione un ambiente competitivo, performante”

E’ Martinez che ha fatto tornare di moda l’uso dei tre centrali?

“La spiegazione è molto semplice: 10 giocatori di campo, un portiere e le stesse dimensioni del campo. Tutto è ciclico e ci sono tendenze. La difesa a tre centrali ti dà la possibilità di aprire molto il campo, di generare situazioni di uno contro uno in tutto il campo di gioco e ti dà una buona struttura per la transizione, cosa fondamentale nel calcio moderno per via delle capacità fisiche dei giocatori. Il gioco è andato a livelli fisici molto alti e i tre centrali aiutano un po’ in questo senso.

L’atletica uccide la tecnica?

“No, per niente. L’atletica purifica la tecnica. Prima, il talento poteva sopravvivere. Ora la persona di talento che non compete fisicamente non sopravvive. Oggi i giocatori sono atleti che giocano a calcio.

L’Italia è la squadra migliore del momento?

“Bisogna dare valore alle 31 partite senza sconfitte. Non è una coincidenza. Mancini, che conosco molto bene dall’era della Premier League, è un allenatore molto esigente che lavora su tutti i dettagli. In questa Italia, a prescindere da chi gioca, c’è chiarezza nei ruoli. È un’Italia molto dinamica, che ama spingersi in alto. Gli piace correre e ha molti obiettivi. È senza dubbio una delle selezioni del momento”.

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