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Il calcio non ha soldi. Vale per Barcellona, Real, e quindi anche per il Napoli e Insigne

È nato il calcio post-pandemico, nulla sarà più come prima. Nessuno ha bussato alle porte del club per qualche calciatore e con Lorenzo c’è anche l’ipotesi rescissione

Il calcio non ha soldi. Vale per Barcellona, Real, e quindi anche per il Napoli e Insigne
Db Bergamo 21/02/2021 - campionato di calcio serie A / Atalanta-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Lorenzo Insigne

Bonaccia. Non c’è vento e le previsioni dicono che non ce ne sarà. Bonaccia di calciomercato. Non ci sono soldi. Esiste l’isola felice del Psg (di cui via abbiamo scritto) e poi il resto del mondo del calcio. Basta dare uno sguardo un po’ in giro. Illuminanti, in proposito, le due pagine che oggi la Gazzetta dello Sport ha dedicato al mercato delle big europee. Lo scenario sembra post-bellico.

Il Barcellona non può tesserare i calciatori che ha preso a costo zero (tra cui Depay e Aguero) finché il club non riduce il tetto ingaggi fino a rientrare nei limiti del salary cup previsto dalla Liga. Se non compirà questa operazione, il Barça non potrà tesserare nemmeno Messi che al momento è senza contratto.

Non sta meglio il Real Madrid che fin qui ha ingaggiato il solo Alaba (anch’egli a costo zero) e deve liberarsi dei 17 milioni netti d’ingaggio di Bale prima di pensare di poter puntare Mbappé.

Il Liverpool ha perso Wijnaldum (approdato al Psg, ovviamente), non ha ancora chiuso Konaté e ha una serie di rinnovi spinosi sul tavolo: da Van Dijk a Salah, da Alisson a Mane, fino al capitano Jordan Henderson.

Persino il Manchester City deve badare a spese e non può appoggiare sul tavolo del Tottenham un assegno in bianco per portare Harry Kane alla corte di Guardiola.

E stiamo parlando del top in Europa.

Se arriviamo dalle parti di casa nostra, il quadro è ancora più asfittico. L’Inter ha ingaggiato Calhanoglu a parametro zero e solo perché il club nerazzurro ha evidentemente messo in conto che potrà andare a una risoluzione del contratto con Eriksen. Il Milan ha portato a casa a zero Giroud per due milioni di euro, con un biennale al giocatore da 3,5 milioni netti. La Juventus, ormai è chiaro, sta aspettando speranzosa che il Psg possa farle il regalo di alleggerirla di Cristiano Ronaldo e dei suoi 31 milioni netti di ingaggio l’anno. La Roma è partita scoppiettante con l’annuncio di Mourinho, dopodiché la campagna acquisti ha decisamente rallentato.

Per capire lo stato economico del calcio italiano, ci vengono in mente due esempi. Uno riguarda l’Inter e Nainggolan: il Corriere dello Sport scrive che ci si avvia verso la rescissione del contratto. Una formula che potrebbe andare di moda quest’estate. Entrambi le parti ci guadagnerebbero: il club alleggerirebbe il proprio bilancio e il calciatore, pur sapendo di dover rinunciare a qualcosa, sarebbe libero di cercarsi la soluzione più gradita.

L’altro è l’arzigogolata offerta della Juventus al Sassuolo per riuscire a portare in bianconero Locatelli. Cinque milioni subito per un prestito biennale, riscatto al termine della stagione 2022-23 per altri venticinque (rateizzati). Ma – attenzione – riscatto subordinato alla qualificazione Champions dei bianconeri in quella stessa annata. In più sette milioni di bonus, non scontati, ma legati ai risultati della squadra e alle presenze del giocatore. Proposta che persino il Sassuolo – club di certo non ostile alla Juve – considera quantomeno poco allettante. Ed evitiamo di andare a esplorare più giù, tra i club dal centroclassifica in giù.

Nulla che non fosse prevedibile. La pandemia ha sconvolto l’economia internazionale e di conseguenza ha prosciugato anche le casse dei club. Tanti sponsor hanno dovuto rinegoziare i contratti. Persino la battaglia per il libero accesso negli stadi è di corto respiro: conoscete qualcuno desideroso di mettere in pericolo la propria salute pur di guardare una partita dal vivo?

C’è un calcio pre-pandemia e ce ne sarà uno post-pandemia. Questo riguarda le quotazioni dei calciatori e i loro stipendi. E, ovviamente, interessa anche il Napoli. De Laurentiis ha dichiarato che l’obiettivo primario è alleggerire il tetto ingaggi. Ma non avverrà ad ogni costo. E non è questo il periodo migliore. Non è che improvvisamente i calciatori del Napoli siano diventati meno appetibili, è che il calciomercato è in bonaccia. Alle porte del club non ha bussato nessuno, per nessuno: né per Fabian né per Koulibaly (che tra l’altro a Napoli percepisce uno stipendio difficilmente riproducibile) né per Insigne né per Zielinski. Vale per chiunque. Tranne alcuni calciatori utilizzati nel secondo tempo contro la Bassa Anaunia, ma in quel caso le cifre di trasferimento e di ingaggio possono essere ritenute irrilevanti.

Non è accaduto nulla che facesse convocare una riunione d’urgenza ai vertici del club. È allo stesso tempo una buona e una brutta notizia. Dal punto di vista di Spalletti, è certamente una buona notizia.

La situazione è di facile lettura, non c’è bisogno di fare chissà quale congettura. Vale anche per Insigne. Quello del Napoli non è un capriccio. Il Napoli non può assicurare a Insigne lo stesso ingaggio pre-pandemia. Se il calciatore e il suo entourage lo accettano, è bene e si procederà al rinnovo. Altrimenti il rinnovo non ci sarà. È molto semplice. Insigne potrebbe andar via se riuscisse a portare al Napoli un’offerta adeguata: al momento non ce n’è stata alcuna, né congrua né incongrua. Resta l’ultima opzione: andare avanti insieme ancora un anno, sapendo che a giugno 2022 ci sarà la separazione. Al momento è l’ipotesi più accreditata, con tutti i rischi del caso (polemiche alla prima prestazione negativa, rischio infortuni eccetera eccetera). Oppure c’è l’ipotesi Nainggolan: la rescissione che farebbe bene a entrambi, soprattutto se Insigne e il suo entourage sono certi di poter strappare un contratto a condizioni più vantaggiose di quelle del Napoli (4,5 milioni netti l’anno). Perché la crisi economica non è uno scherzo. È la realtà. Che ancora troppe persone, persino tra gli addetti ai lavori, fanno fatica ad accettare.

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