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Berrettini è un italiano che si è imposto col lavoro più che con il talento

La sua storia è affascinante proprio perché ci si può rivedere in lui. Non è nato fenomeno, è diventato un campione con la dedizione

Berrettini è un italiano che si è imposto col lavoro più che con il talento
Roma 14/05/2019 - Internazionali BNL d'Italia / foto Antonietta Baldassarre/Insidefoto/Image Sport nella foto: Matteo Berrettini
Quante nazioni dal 1877 ad oggi, anno della prima edizione di Wimbledon, avevano già avuto un loro rappresentante a giocare la finale di singolare del torneo più importante e antico del mondo? In attesa di saperlo, possiamo gioire perché finalmente da oggi ne ha uno anche l’Italia, grazie a Matteo Berrettini. Il nostro tennista ha vinto con pieno merito la sua semifinale ed adesso è nella storia del tennis, dove entra di diritto chi gioca la finale in uno Slam: non accadeva a un italiano dal 1976, quando Adriano Panatta – così diverso da Matteo per carattere e modo di giocare – vinse il Roland Garros.

Si può non seguire abitualmente il tennis, essere invece grandi appassionati di questo sport o anche addetti ai lavori: in ogni caso, è impossibile non essere orgogliosi di avere un connazionale diventato grandissimo protagonista in uno sport che richiede tanti sacrifici e molta forza mentale, oltre che una bella dose di talento. Da oggi la vita di Matteo cambia: prima era un tennista molto bravo, ora sarà una star, ma è giusto ricordare che questo successo non gli è piovuto dal cielo. Berrettini è un ragazzo non arresosi nell’inseguire il suo sogno, nonostante i primi risultati positivi siano arrivati tardi nella carriera professionistica (a 22 anni non era ancora mai entrato nei primi 100, prima dei venti non era nemmeno nei  migliori 500 al mondo). Un tennista che si è costruito lavorando tanto (la sua possente struttura fisica è sia una fenomenale arma che un potenziale handicap), rapportandosi dentro e fuori dal campo sempre con grande umiltà educazione fuori e dentro dal campo, particolari mai irrilevanti.Un tempo si diceva che sarebbe il figlio che ogni mamma vorrebbe avere, ma di certo va guardato con tanta simpatia per la dimostrazione che Matteo dà al mondo di come un italiano non solo grazie al talento innato si sa imporre ai vertici.

La sua storia personale è così affascinante proprio perché ci si può rivedere in lui: Matteo non è nato fenomeno, ma è diventato un campione riconoscendo in se stesso grandi potenzialità da fare uscire fuori con il lavoro. Quando ci diranno che è quasi impossibile (gli italiani nel tennis professionistico non hanno sinora avuto una tradizione vincente) o che è troppo tardi per provarci, ricordiamoci di un ragazzo romano capace, con intelligenza e sudore, di migliorarsi sino ad andare oltre i suoi stessi sogni.
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