Mihajlovic: «Se mi avessero chiamato Juve o Inter avrei accettato, come è normale che sia»

Alla Gazzetta: «Se qualche allenatore al posto mio dice il contrario vi prende per il c.... Ma non ho mai preso tempo per aspettare proposte»

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La Gazzetta dello Sport intervista Sinisa Mihajlovic, fresco di conferma sulla panchina del Bologna. Il tecnico fa un bilancio dei suoi primi due anni nel club.

«Il Sinisa I senza dubbio “L’impresa”, per come ci siamo salvati facendo un girone di ritorno da applausi. Sinisa II “Il coraggio”: ce n’è voluto tanto per superare la malattia e nello stesso tempo, grazie all’aiuto di club, staff e giocatori, guidare il Bologna ad un campionato tranquillo. Il bilancio di questi tre anni non può che essere molto positivo: per i risultati ottenuti e per il gioco espresso anche se l’anno scorso sono mancati i picchi avuti nelle precedenti stagioni. Ma soprattutto per il lancio in questo ciclo di 22 giocatori giovanissimi e la loro valorizzazione tecnica ed economica. Un allenatore è chiamato anche a questo: perché sono io che lavoro per il club, non il club che lavora per me. Sono cambiate 15 panchine su 20 in serie A, se il Bologna non lo ha fatto vuol dire che il lavoro fatto è stato buono».

La conferma di Mihajlovic, però, ad un certo punto non è sembrata così scontata. Spiega:

«Alt, chiariamo subito. Io non ho preso alcun tempo e non ho trattato con altri club. Come ha spiegato anche l’ad Fenucci, a fine campionato la società mi ha proposto di vederci il 1 giugno per parlare della prossima stagione, lasciando a tutti una settimana libera per scaricare tensioni e tossine accumulate durante la stagione. Per me ci saremmo potuti vedere anche prima: la mia permanenza o meno a Bologna non dipendeva da altri club».

A domanda diretta: se l’avessero chiamata Juventus o Inter avrebbe rifiutato? Risponde:

«No, non sono ipocrita. Avrei ascoltato e pure accettato. Come è normale che sia e se qualche allenatore al posto mio dice il contrario vi prende per il c…. Ma non ho mai preso tempo per aspettare proposte. Il Bologna, per tutto quello che rappresenta per me, non sarà mai nella mia testa un piano B. Come non lo è stata nessuna società in cui ho lavorato. Se non sto più bene in un posto, non sento le giuste motivazioni o non percepisco ambizioni simili alle mie, me ne vado e sto a casa. Senza bisogno di avere un altro club».

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