Il candidato Pd-5stelle (e altri). Un caso ricorrente nella politica italiana. Il sarcasmo di D’Alema, lo sbianchettamento di Veltroni e de Magistris
Seconda metà del primo decennio degli anni Duemila. Milano. Un entusiasta Maurizio Martina, neo segretario lombardo del Pd (o forse ancora Ds), annuncia a un interdetto Massimo D’Alema che è stata scelta la data per un fondamentale appuntamento politico milanese: sarà sabato xy. Tardo pomeriggio. D’Alema, il romanista D’Alema, lo guarda come solo un romano può guardare un milanese e sospira: “Ma sabato c’è Milan-Roma”. Il suo interlocutore è spiazzato. Sì, è a conoscenza dell’esistenza di un gioco chiamato calcio, è atalantino doc (anche nel Pd c’è chi segue il pallone), ma mai e poi mai avrebbe immaginato di dover consultare il calendario di Serie A prima di determinare le tappe del cammino politico. D’Alema rompe il silenzio: “Non lo sapevate, immagino. Sempre in sintonia col popolo noi eh?”.
L’aneddoto ci è tornato alla mente quando abbiamo visto l’immagine che sta spopolando sui social e sulle chat di tanti napoletani. Un meme. Con Gaetano Manfredi che indossa la maglia della Juventus e le sue dichiarazioni sulla fede bianconera: “Non sono proprio di Napoli (in realtà è di Nola) e tifo Juventus fin da quando ero piccolo”.
Le dichiarazioni per esteso sono le seguenti:
“Tifoso del Napoli? È uno dei miei difetti, non lo sono. Seguo il calcio ma non sono tifoso del Napoli. Tifo per la Juventus, quindi essere juventini a Napoli è una cosa molto particolare. Da ragazzino non ero un potere forte (ride, ndr), non sono proprio napoletano ma della provincia. Abito a Nola e la squadra della mia città ha la maglia bianconera: da questa similitudine mi sono avvicinato alla Juventus”.
Gaetano Manfredi, è importante ricordarlo, già ministro, già rettore della Federico II, e soprattutto candidato sindaco di Napoli per un’alleanza che comprende anche Pd e 5 stelle. En passant, aggiungiamo che anche il fratello Massimiliano – oggi consigliere regionale Pd – è juventino.
Non ci lasciamo trascinare dalla frase “non si parla d’altro”. Sta di fatto, però, che qualche telefonata in merito l’abbiamo ricevuta. Qualche telefonata e anche numerosi messaggi. Diciamo che il tema è caldo. E può essere declinato in diversi modi. Da un lato, con quel fare finto indignato che fa molto mitteleuropa, ci si potrebbe chiedere: davvero Napoli non può avere un sindaco juventino? Dall’altro, però, più terra terra, ci si potrebbe interrogare in modo diverso: Napoli voterebbe un sindaco che tifa quelli là? Domanda che peraltro e finalmente ci spingerebbe a rivelare un fenomeno di cui quasi nessuno parla: Napoli è piena di juventini; non quanto in provincia, ma comunque sono tanti. In fin dei conti, potrebbe rivelarsi persino una mossa elettorale.
Il tema (avere a Napoli un candidato juventino) è interessante, anche perché non nuovo nella politica italiana. Potrebbe essere affrontato anche nel modo che per brevità potremmo considerare più originale, non osiamo definirlo intelligente perché così potrebbe non essere: ostentare orgogliosamente la propria fede calcistica, esibirla a petto in fuori. In Italia, a memoria, se l’è potuto consentire l’interista Sala ma Milano viene considerata terra lontana, quasi straniera. Manfredi potrebbe spazzare via i polverosi meccanismi della politica nostrana. Mostrerebbe un’audacia difficilmente ravvedibile nel Pd. Per cimentarsi in un paragone ardito, è come se all’epoca Marrazzo avesse tenuto un discorso dicendo: “sì, la amo, non mi vergogno di nulla. Voglio che siano gli elettori a giudicarmi”.
La questione non è nuova, abbiamo detto. Walter Veltroni, lo juventinissimo Walter Veltroni, uno che sapeva tutto della sua amata zebra, vita morte e miracoli di tutti i suoi giocatori, una volta sindaco di Roma ha dovuto riporre in un cassetto la sua passione. Ha giocoforza stemperato i (non) colori nella mescola giallorossa. Si è guardato bene dal ricordare le origini del suo tifo calcistico. Non se n’è parlato più. È stato un certosino lavoro orwelliano. Della sua fede bianconera restano solo tracce tramandate verbalmente dai più anziani. Ne sappiamo qualcosa anche a Napoli dove l’interista Luigi de Magistris si è trasformato in un tifoso azzurro di lunghissimo corso. Anche Virginia Raggi, e torniamo a Roma, accreditata di fede laziale, ha via via modificato le sue dichiarazioni attribuendo al marito l’amore per la squadra di Lotito.
Vengo da una famiglia in cui mio marito è tifoso della Lazio ma io ho una forte simpatia per la Roma, con cui stiamo facendo cose importantissime. Lo stadio è in dirittura d’arrivo.
Trasformismi calcistici che, peraltro, non avvengono soltanto in politica. Le conversioni più note sono quelle che riguardano Galliani ed Emilio Fede entrambi folgorati sulla via di Arcore. Per Berlusconi (e per le loro carriere, ovviamente) hanno abbandonato la Juventus. Percorso inverso per Mario Orfeo milanista ortodosso la cui amicizia per Massimiliano Allegri ha portato molto vicino all’universo bianconero.
Torniamo a fare gli scandinavi. Davvero la fede calcistica può essere oggetto di discussione politica? Forse sì. Sottovalutare la questione, vorrebbe dire non aver compreso la portata del suffragio universale: innovazione che peraltro possiamo definire ormai consolidata. Fare politica senza tener conto del territorio in cui si opera, sembrerebbe un non-sense. E del resto anche l’oncologo Paolo Ascierto ha via via visto scemare la propria fama dopo la rivelazione del suo amore per la Juventus, oltre che per motivi più clinici.
Ma, qualcuno potrebbe obiettare, si vota per il sindaco non per fare il capo-ultrà. Va altresì ricordato che Antonio Bassolino, oggi simpaticamente tifoso del Napoli, è stato a lungo del tutto ignaro delle vicende calcistiche e probabilmente anche delle regole del gioco. Ha annusato il vento e si è adeguato. Seguendo questo criterio, appare inappuntabile il curriculum di Catello Maresca, candidato del centrodestra, che potrebbe partecipare a quiz sulla storia del Napoli.
Come finirà? Non lo sappiamo. Conoscendo il Pd, proviamo a ipotizzare, è molto probabile che finisca come il verso della canzone di De Gregori “I muscoli del capitano” tratto dall’album “Titanic”:
“Signor mozzo, io non vedo niente”
C’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole
Andiamo avanti tranquillamente.