Sul Corriere Fiorentino degli stralci del libro di Francesca Fioretti. «Ciò che sogno è dare un senso ulteriore non alla sua morte ma alla sua vita. I calciatori sono uomini con corpi vulnerabili, friabili»

Esce oggi, edito da La nave di Teseo, «Io sono più amore», il libro di Francesca Fioretti, moglie di Davide Astori, il capitano della Fiorentina morto il 4 marzo 2018 in una camera d’albergo. Il Corriere Fiorentino ne pubblica alcuni stralci. Ne riportiamo uno, in cui la Fioretti racconta cosa vorrebbe fare per dare un senso alla morte di Davide ma soprattutto alla sua vita.
“Vorrei dare un senso ulteriore non alla morte, ma alla vita di Davide. Il suo destino, che mi rifiuto di pensare «chiuso», esiste nelle lotte che possiamo portare avanti a partire dalla sua malattia e dalla sua professione. Vorrei impegnarmi per promuovere l’adozione obbligatoria dell’esame dell’holter e della risonanza magnetica nelle linee guida del COCIS, a prescindere dagli esiti dell’elettrocardiogramma. Se esiste infatti la possibilità che l’elettrocardiogramma non rilevi sufficienti indizi, un’indagine ulteriore non più opzionale aumenterebbe di molto la possibilità di salvare per tempo questi cuori. Un giocatore di calcio non diventa tale senza averlo sognato da bambino. Chiunque arrivi a correre sui campi delle squadre professioniste coltiva quel desiderio da sempre. Salvaguardare il loro sogno — quello stesso sogno che contagia spogliatoi, stadi, città intere — è salvaguardare la loro vita. Se il calcio vive di epica, sentimenti estremi, vere e proprie mitologie, ciò che mai deve perdere di vista è quanto i suoi eroi siano semplicemente uomini. Corpi sani, allenati, e corpi vulnerabili, friabili. La fragilità di questo tessuto non si sposa bene con l’immagine che tifoserie, pubblicità, sponsor, programmi televisivi promuovono dei giocatori, nella foga di raccontare un mondo fatto di passioni. Ma è questa fragilità che vorrei impegnarmi a difendere, perché è ciò che resta loro addosso anche quando si tolgono una maglia e tornano a essere semplici persone”.