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Dov’è il nuovo corso arbitrale se nessuno spiega l’episodio Mazzoleni a Benevento?

Trentalange si è presentato sbandierando trasparenza. Il polverone alzato da Vigorito avrebbe meritato una risposta ufficiale che non è arrivata

Dov’è il nuovo corso arbitrale se nessuno spiega l’episodio Mazzoleni a Benevento?

Uno dei punti di rinnovamento su cui Alfredo Trentalange voleva segnare il nuovo corso dell’Aia era la comunicazione, l’apertura, la trasparenza. Il nuovo presidente ha compreso l’importanza del confronto, per ridurre drasticamente le tensioni e la crescente cultura del sospetto che accompagna designazioni e decisioni di ogni tipo. Le conclusioni tratte da questo tipo di discorsi spesso sono miopi e populiste, ma alla base hanno un bisogno comune: la necessità di una spiegazione, del percorso logico che c’è dietro una scelta. Circa due mesi fa, nell’intervista a Dribbling, Trentalange si esprimeva così.

I tempi sono maturi per una maggiore comunicazione, ma c’è bisogno di reciprocità. Il nostro obiettivo è aprire i canali, ma bisogna essere in due, con grandissimo rispetto e attenzione, cercando ciò che unisce e non ciò che divide. Se l’arbitro si fa conoscere come persona, e l’impegno che ci mette, forse mettiamo da parte tutta una serie pregiudizi e ci permette di parlare la stessa lingua in modo semplice e rispettoso

Conferenze stampa? Gli arbitri adesso sono più bravi ad arbitrare che a comunicare, ci vuole una formazione per essere all’altezza di un compito di questo tipo. Però ci siamo dati un momento di riflessione. Faremo un confronto con la base e tutte le componenti, ma credo che si possa fare in tempi brevi.

Cinquanta giorni dopo, oltre alle ospitate televisive di Orsato, Irrati e Aureliano, non registriamo grandi evoluzioni sul piano comunicativo. Anche perché si tratta di situazioni in cui i temi trattati sono lontani dall’operato presente. È pur sempre un piccolo passo in avanti, senza dubbio, ma è il caso di fare qualcosa in più e in tempi relativamente brevi. La coltre di segretezza da casta che ha sempre caratterizzato gli arbitri, facendoli diventare più antipatici di quanto il ruolo già non li renda agli occhi del tifoso, deve diradarsi.

Rocchi continua a girare per i club di Serie A col compito più difficile di tutti, quello di mediatore diplomatico, un messo dell’Aia per cercare di creare un clima distensivo e, perché no, dare una rinfrescata regolamentare a giocatori e tecnici che spesso non ne hanno una conoscenza approfondita. Ma sono sempre interventi privati in veste ufficiale.

Il caso di ieri, con lo sfogo di Vigorito e gli attacchi personali rivolti a Mazzoleni sia dal presidente che dal direttore sportivo Foggia, era un’ottima opportunità per dimostrare subito la rottura con la gestione Nicchi. Non ci aspettavamo che arbitro e Var andassero in televisione a dare riferimenti regolamentari e di protocollo alle decisioni e al modo di procedere, ma sarebbe stata auspicabile una risposta da parte dell’Associazione Italiana Arbitri. Anche azzerando il confronto magari, emettendo soltanto un comunicato con una dichiarazione ufficiale. Non sarebbe bastato molto. Invece si è persa un’occasione importante per dare il segnale giusto, quello del cambiamento e della buona fede. E il silenzio, come strategia comunicativa, finisce soltanto per lasciare spazio a chi, pur avendo buoni motivi per far sentire le proprie ragioni, esce fuori da certi confini, attacca in modo sconsiderato ed estremo. E soprattutto, cosa più grave, urla al complotto facendo proseliti. Che serva da lezione.

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