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C’è un deficit di legalità nel calcio italiano

L’ultimo caso è l’accusa a Bonucci e al suo procuratore. La relazione dell’Antimafia è stata dimenticata. Il calcio è infestato da bilanci gonfiati, scommesse, ma nessuno ne parla

C’è un deficit di legalità nel calcio italiano

C’è un deficit di legalità, di rispetto delle regole nel mondo del calcio. Mi ha colpito l’ultima indiscrezione che vedrebbe lo juventino Bonucci sotto inchiesta della procura federale perché avrebbe convinto, costretto, suggerito a una serie di giocatori di cambiare procuratore. Prefigurando così una sorta di “cartello” monopolista dei grandi mediatori tra forza lavoro (i giocatori) e capitale, le società e forse anche interessi criminali.

La pandemia, con l’assenza dei tifosi dagli spalti, ha messo a nudo i peccati di questa industria dei sogni. È come se ci trovassimo alla vigilia di un nuovo terremoto, di un nuovo scandalo giudiziario che rischia di travolgere il calcio italiano.

Forse si faranno avanti protagonisti (disgustati o perdenti) che si vogliono ribellare alla quotidianità fatta di imbrogli, di cordate stalking, della miopia se non della complicità del governo e del controllo dell’industria del calcio (dalla Figc alla Lega alla giustizia sportiva).

Gli ultimi due campionati hanno mostrato questo mondo al rallentatore, per il Covid. Sequenze rarefatte, zoomate di particolari. Magari non sarà così però è impressionante il numero delle contaminazioni da Covid e degli infortuni dei giocatori.
È come se una maledizione si fosse abbattuta sulle squadre. È solo una innocente sottovalutazione dei giocatori, ragazzini non lo dovremmo mai dimenticare, che si sono contaminati perché hanno violato le regole e i protocolli? E gli infortuni, tantissimi, perché ci hanno colpito?
Domande che interrogano la medicina sportiva e che meriterebbero risposte convincenti.

Non sono più, da anni, un dietrologo, un complottista però mi chiedo perché è caduta nell’oblio l’ultima relazione dell’Antimafia sulle infiltrazioni mafiose nel mondo del calcio? Perché è passata in cavalleria l’inchiesta con le condanne di Torino sul bagarinaggio, la vendita dei biglietti delle partite, appaltato dalla Juventus a personaggi legati alla ‘Ndrangheta? Perché sullo scandalo della pratica di cittadinanza italiana del giocatore straniero Suarez che doveva essere comprato dalla Juventus, non si è sollevata la collera delle persone perbene?

Che ipocrisia aizzare le folle contro i migranti che cercano un futuro in Europa e chiudere un occhio agli imbrogli (non riusciti) degli uomini (e donne) Juventus.

C’è qualcosa che allarma. Interrogate la rete, Internet, e scoprirete che ormai il gioco online ha un fatturato di oltre un miliardo di euro all’anno e che quello delle scommesse sulle partite di calcio solo nel marzo scorso ha raggiunto i 315,5 milioni di euro. Questo settore economico fa gola anche alle aziende e società criminali. E non possiamo non ipotizzare che a un certo punto i diversi interessi trovino un momento di incontro.

Le polemiche sugli arbitraggi e il Var, le sommosse negli spogliatoi, il deficit milionario di diverse società di calcio hanno inquinato e compromesso la regolarità dei campionati.

C’è una legge di equità che non andrebbe mai violata. Ed è quella che al nastro di partenza tutte le società dovrebbero rispettare i propri bilanci, non arrivando alla bancarotta. Ma se le grandi dell’asse Milano e Torino hanno bilanci in rosso, come si può non parlare di un campionato truccato?

Ad aprile si sono tenute le elezioni degli organismi interni al mondo del calcio. Abbiamo avuto sentore di “pacchetti di voti” controllati per garantire la continuità di un sistema che ha governato con l’impunità e la complicità nei confronti di società forti.
Con il vaccino che finalmente viene somministrato in queste settimane, ci auguriamo che l’incubo della pandemia svanisca. Speriamo anche che arrivi una folata di pulizia nel mondo del calcio.

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