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Ci mancavano i “furbetti del vaccino”. Perché Draghi non se la prende con le Regioni?

Con la tirata sulla “coscienza dei giovani che saltano le file”, il Premier manca il bersaglio: non tocca al cittadino gestire il piano vaccinale, il ricatto emotivo è ridicolo

Mario Draghi, uno che per narrazione condivisa non dice mai una parola che non sia adeguatamente soppesata, ha piazzato al centro di una conferenza stampa di governo i “furbetti del vaccino”. Ha detto, più precisamente:

Con che coscienza la gente salta la lista sapendo che lascia esposto a rischio concreto di morte persone over 75 o persone fragili? Uno può banalizzare e dire: smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i giovani o ragazzi, psicologi di 35 anni. Queste platee di operatori sanitari che si allargano. Con che coscienza un giovane salta la lista e si fa vaccinare?”

Prefigurando – in deroga alla sua rinomata austerità di giudizio – una tenebrosa Gotham nella quale bande di “giovani” 35enni assaltano coi kalashnikov i blindati dell’AstraZeneca, iniettandosi seduta stante quante più dosi è possibile. Con gli anziani settantenni lasciati lì a perire di polmonite, in una immobile fila chilometrica verso gli inferi.

Il giovane, si badi, “si fa vaccinare”. Non oppone resistenza, l’infame.

Draghi, come è ormai prassi istituzionale da un anno abbondante, punta il dito dritto in faccia alla gente, alla sua coscienza, all’intimità della propria morale. Sbagliando totalmente obiettivo. Non se la prende con le Regioni, che ammettono alle prenotazioni persone che evidentemente non avrebbero diritto a priorità. Non critica il sistema delle maglie larghe che giocando sulle definizioni iscrive in piattaforma “i giovani” tenendo in standby gli ultrasettantenni. No, se la prede con te, psicologo under 40. Proprio tu che in quanto psicologo manco potresti dirti “professione sanitaria”, rubi una dose a tuo nonno ottantenne? Vergogna! La colpa è solo tua, professore universitario in Dad da un anno, mica di chi ti permette, a volte ti invita, in molti casi ti obbliga, a vaccinarti prima di zia Concettina, la quale ha 87 anni e aspetta da un mese e mezzo che qualcuno vada a casa sua e gli faccia la puntura.

Draghi, lasciandosi andare ad un rilievo facilone e populistico – sostanzialmente sbagliato per opportunità e bersaglio – fa due cose: devia l’attenzione dalle responsabilità di governo (che sia centrale o locale, poco importa) come facevano quelli di prima, e dimostra anche di non conoscere le regole che il suo stesso esecutivo produce.

Possibile che dopo un anno il rapporto tra Stato e cittadini balli ancora su presupposti friabili come la coscienza civile? Che il Presidente del Consiglio preferisca la paternale al condizionamento costituzionale dei suoi apparati? Che parli all’uomo della strada, trattandolo non a torto come un pubere capriccioso da cazziare perché non tiene in ordine la cameretta, invece di avocare a sé la gestione del piano vaccinale togliendolo al quel puzzle di inaffidabilità che sono le Regioni?

Il risultato di quell’uscita infelice (“Con che coscienza…”) è che continua a veicolarsi il messaggio perverso. E invece: il vaccino è un diritto di tutti, non un privilegio. Organizzare la distribuzione in maniera da favorire la precedenza dei più fragili è compito di chi governa quel diritto, non di chi ne è titolare. La cultura del sospetto per cui ti devi nascondere se guadagni tanto, se hai successo, se per un motivo da te indipendente hai accesso al vaccino prima di un altro (“ah sei vaccinato? E che lavoro fai? A chi hai chiesto il favore?”), è diventata una patologia antimeritocratica. Davvero Draghi o chi per lui pensa che al cittadino italiano tocchi l’onere morale di sottrarsi ad un suo diritto per spirito caritatevole? “Non mi faccio il vaccino così la mia dose andrà ad un ottantenne” è un bel pensierino, ma ha poche aderenze con la realtà. E montare fuffa sul ricatto emotivo è semplicemente avvilente.

Anche perché Draghi – ripetiamo: uno stratega che non dichiara mai a vanvera – dovrebbe sapere molto bene che un attimo dopo un’uscita del genere l’intera rassegna stampa diventerà una sfilata di “furbetti del vaccino”. Con i giornali che strattonano il deragliamento istituzionale a proprio uso e consumo: Libero, è solo un esempio, dedica una pagina alle regioni che primeggiano nella categoria vaccinata “altro”, e ovviamente sono Campania, Calabria, e Sicilia. E – guarda un po’ – vien fuori che la più “virtuosa” è la Lombardia. Il Sole24Ore, un altro esempio, scrive che De Luca avrebbe favorito i giornalisti (che non è vero, anche se i giornalisti campani per qualche giorno se l’erano venduta così), quando nel frattempo il Governatore ha dato il via ad una paradossale campagna di immunizzazione di Capri Ischia e Procida per “salvare il turismo”.

Siamo ancora all’indignazione di Stato, agli appelli bacchettoni, ai richiami alla “coscienza”. Ai giovani prevaricatori che “saltano le file”. Tipo Bubka, con l’asta.

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