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No, io invece non mi auguro il ritorno di Sarri a Napoli

POSTA NAPOLISTA – La memoria selettiva non consente di ricordare tante cose, anche nell’anno dei 91 punti

No, io invece non mi auguro il ritorno di Sarri a Napoli
Maurizo Sarri (Hermann)

Facendo seguito a quanto scritto dal lettore Davide Bagnasco che si augura il ritorno del “Comandante” Sarri a Napoli per, riporto testualmente, “tentare nuovamente la presa del Palazzo e riprendere un discorso interrotto sul più bello” vorrei ribadire quanto segue.

A Napoli c’è ancora tanta, troppa, gente che vive di nostalgia per il cosiddetto “Sarrismo”, un’ideologia basata sulla mistificazione della realtà, sull’esaltazione del personaggio, amplificando a dismisura i risultati positivi e minimizzando quelli negativi (il più delle volte fatti passare sotto il silenzio più assoluto), sulla menzogna e sulla sistematica demonizzazione del predecessore e del successore.

Del triennio sarrista, non a caso, è prassi assai diffusa ricordare sempre ed esclusivamente le cose buone (vedi i tre punteggi record ottenuti in campionato, i record di gol, di occasioni create, di passaggi, le percentuali di possesso palla, etc) mentre quelle meno buone (come, ad esempio, il record negativo di appena sei punti totalizzati in un girone di Champions, gli zero punti e i 12 gol subiti nelle quattro gare con Real Madrid e Manchester City, i soli due punti racimolati in tre gare, di cui due in casa, contro i modesti turchi del Besiktas e gli ucraini della Dinamo Kiev, che stavano rischiando di compromettere la qualificazione agli ottavi di Champions anche nel 2016/17, in un girone in cui l’avversaria più temibile era il Benfica, la doppia eliminazione ai sedicesimi di Europa League per mano di due avversarie sulla carta più deboli degli azzurri, le varie posizione perse nel Ranking Uefa, le due eliminazioni ai quarti di Coppa Italia perdendo, entrambe le volte, la partita secca in casa, la doppia rimonta subita in campionato dopo essere stato per due volte campione d’inverno, etc) vengono volutamente dimenticate.

Del Napoli di Sarri si racconta sempre e soltanto dello scudetto scippato da Orsato (quando poi, al momento della mancata espulsione di Pjanic, mancava ancora circa mezz’ora da giocare, in 10 contro 10, e nessuno poteva prevedere come sarebbe finita quella maledetta gara tra Inter e Juve se Orsato avesse fatto il suo dovere, senza contare che un rosso mancato a mezz’ora dal termine incide, sul risultato finale, decisamente meno di un rigore sacrosanto non concesso o di uno inesistente accordato, di un gol irregolare convalidato o di uno regolare annullato negli ultimi minuti di gioco; del resto la storia del calcio è piena di episodi di squadre che non hanno vinto, o hanno rischiato di non vincere, nonostante la superiorità numerica…), ma nessuno dice mai che il Napoli quell’anno era stato rimontato e sorpassato in classifica non per opera di Orsato, bensì perché perse 4-2 in casa con la Roma e che, successivamente a quella sconfitta, il Napoli pareggiò due volte 0-0 a Milano con Inter e Milan, pareggiò 1-1 a Sassuolo (con un gol di Callejon negli ultimi minuti) e riacciuffò per i capelli due insperate vittorie in casa contro Chievo (all’89° il Napoli era ancora sotto) e Udinese (dopo un’ora di gioco il Napoli perdeva 1-2 mentre la Juve era in vantaggio a Crotone e solo un gol in acrobazia di Simy e la successiva rimonta del Napoli spinto dal pubblico del San Paolo, permisero agli uomini di Sarri di passare, in meno di mezz’ora, da un momentaneo meno 9 in classifica a meno quattro).

Ma tutte queste cose, ovviamente, la propaganda sarrista omette di ricordarle, anzi di Sarri una certa stampa (di parte) è solita dire sempre che ha valorizzato a dismisura molti calciatori del Napoli (verissimo!) ma, chissà perché, la stessa stampa dimentica (o finge di dimenticare) che, ad esempio, Allan ha raggiunto il massimo della sua valutazione di mercato (con conseguente interessamento di un top-club come il Paris Saint Germain) e la convocazione in Nazionale, con Ancelotti, non con Sarri, così come Koulibaly (cresciuto tantissimo sotto la guida Sarri) è stato inserito tra i 30 candidati finali al Pallone d’oro e nella Top 11 della Champions League, con Ancelotti (e non con Sarri). Ma questo, naturalmente, i sarristi non lo dicono, anzi sono soliti ripetere che se il Napoli di Sarri non ha vinto nulla, al di là del già citato Orsato, è solo perché non poteva contare su una rosa competitiva e, soprattutto, non aveva riserve affidabili in panchina. Eppure, si ricorda ai più “distratti”, che la Juve di Allegri, nella stagione 2016/17, ha sfiorato il cosiddetto “triplete”, avendo in panchina come attaccanti di riserva i soli Pjaca (indisponibile per circa metà stagione causa rottura del crociato) e Kean (che all’epoca era ancora sedicenne), mentre come centrocampisti di scorta aveva Marchisio (anch’egli più volte fuori per infortuni), Lemina, Sturaro e Rincon; non pare avesse in panchina chissà quali rincalzi, semplicemente Allegri, in caso di necessità, o adottava un sistema di gioco diverso o cambiava posizione a qualche calciatore (di solito avanzava gli esterni bassi in luogo di quelli altri), due soluzioni (cambio modulo e cambio ruolo) che qui a Napoli venivano e tuttora vengono ancora viste come qualcosa di ripugnante.

Ma, al di là dei risultati che, come visto, sono stati esaltanti in campionato, decisamente meno nelle Coppe, uno dei cavalli di battaglia della propaganda sarrista per giustificare l’esaltazione del personaggio, è il gioco meraviglioso espresso dal Napoli di Sarri durante il suo triennio sulla panchina azzurra.

Ebbene, a parte il fatto che la bellezza è soggettiva, è relativa, per cui nessuno può affermare, con certezza assoluta, che il gioco del Napoli di Sarri era più bello di quello del Barcellona o del Manchester City di Guardiola, piuttosto che di quello espresso dal Foggia e dalla Lazio di Zeman, dal Liverpool di Klopp, dall’Atalanta di Gasperini, dal Milan di Sacchi, dal Parma di Nevio Scala, dall’Ajax di Van Gaal o di ten Haag, dal RB Lipsia di Nagelsmann o dallo stesso Napoli di Vinicio (anche se, nella città più autoreferenziale del mondo, dopo il calciatore più forte del mondo, il panorama più bello del mondo, la pizza, la mozzarella e le sfogliatelle più buone del mondo, le canzoni più belle del mondo, il chitarrista, il sassofonista, il percussionista, il comico, l’attore e il presentatore più bravi del mondo, non potevamo di certo farci mancare ‘o juoco cchiù bello d’o munno…), andrebbe anche detto che il Napoli di Sarri ha espresso un calcio da applausi il primo anno da Napoli-Bruges fino alla sconfitta rimediata a Torino con la Juve il 14 febbraio (visto che da quella partita in poi il bel Napoli fino a quel momento ammirato si sciolse come neve al sole), il secondo anno da dicembre in poi (fino ad allora il Napoli aveva stentato non poco, avendo perso con Atalanta, Roma in casa e Juve e pareggiato con Pescara e Genoa in trasferta e Lazio e Sassuolo in casa e anche nelle ultime due giornate del girone d’andata ottenne un rocambolesco pareggio per 3-3 a Firenze con un rigore trasformato da Gabbiadini al 94° e una vittoria in rimonta contro una Sampdoria rimasta in dieci uomini, per una “sceneggiata” di Reina, con gol di Tonelli al 95°, tant’è che alla fine del girone d’andata il Napoli era quarto a 10 punti dalla Juve, uno dalla terza e solo uno di vantaggio sulla quinta), mentre, come visto, il terzo e ultimo anno il bel gioco lo si è ammirato soltanto nel girone d’andata mentre in quello di ritorno vi fu una notevole involuzione che portò, nel giro di pochi mesi, ai pareggi scialbi di Milano e Sassuolo e alle vittorie sofferte con Genoa, Chievo e Udinese in casa…

Ma questo, ovviamente, il “Gran Consiglio del Sarrismo”, il Ministero della Propaganda, la stampa di regime e il popolo bue, si guardano bene dal dirlo, ripetendo come un mantra il ritornello dei “tre anni di calcio spettacolare”, mentendo sapendo di mentire, al solo fine di esercitare il classico lavaggio di cervello!
Tra l’altro chi sostiene che con Sarri in panchina il Napoli ha lottato per lo scudetto, mentre con altri allenatori no, dimentica di dire che, durante il triennio sarrista, la Juve ha sempre avuto partenze un po’ a rilento: tre sconfitte nelle prime dieci giornate nel campionato 2015/16, tre sconfitte nelle prime 14 gare nel 2016/17 (e nonostante questo il Napoli di Sarri, come visto, al termine del girone d’andata aveva accumulato un ritardo di ben 10 punti tra il silenzio generale di stampa e tifosi che invece hanno massacrato altri allenatori “rei” di essere già a Natale fuori dalla corsa scudetto…) e due sconfitte nelle prime 13 gare della stagione 2017/18; di contro, nella stagione 2018/19 la Juve di Cristiano Ronaldo ottenne 21 vittorie e 3 pareggi nelle prime 24 gare, mentre nella stagione 2013/14 la Juve di Conte totalizzò il record storico di 102 punti. Chissà se anche il Napoli di Sarri avesse trovato sulla sua strada una Juve così “lanciata a razzo”, se avrebbe lottato parimenti gomito a gomito fino alla fine…
Così come in tanti omettono di dire che il Napoli allenato dal tecnico toscano, essendo a febbraio già fuori da tutte le Coppe, in tre anni ha disputato, rispettivamente 48, 50 e 50 gare stagionali, al contrario, ad esempio, di quello di Benitez, che in due anni ne ha disputate 53 e 59: conoscendo le difficoltà (e l’avversione) di Sarri per i troppi impegni ravvicinati, con molta probabilità se il suo Napoli fosse andato avanti nelle Coppe non avrebbe ottenuto gli stessi risulti conseguiti in campionato. Ma anche questo dato, ovviamente, i sarristi fingono di dimenticarlo, come fingono di non ricordare che il loro idolo, non si è più ripetuto una volta andato via da Napoli, dal momento che, sia a Londra che a Torino, senza i vari Reina, Albiol, Hamsik, Callejon, Allan, etc, non è stato in grado di replicare il calcio che invece aveva praticato a Napoli (tant’è che in entrambe le esperienze, non è stato riconfermato, nonostante le vittorie conseguite e nonostante contratti pluriennali in essere).
Eppure, nonostante tutto, in tanti si augurano un clamoroso ritorno del “Comandante” a Napoli, convinti che basterebbe farlo sedere nuovamente sulla panchina azzurra per tornare ai (presunti) fasti di un tempo… Evidentemente costoro non ricordano ciò che accadde, a suo tempo, con Luis Vinicio: anche l’allenatore brasiliano aveva incantato Napoli (e non solo) col suo calcio, ma poi, dopo Napoli, non seppe più ripetersi, né alla guida della Lazio (fu esonerato alla seconda stagione con la squadra che aveva ottenuto appena 5 vittorie in 24 partite), tantomeno quando ritornò, a furor di popolo, sulla panchina del Napoli (anche qui esonerato nella seconda stagione a poche giornate dal temine). E, per rimanere in tema di “ritorni eccellenti” che però non hanno sortito gli effetti desiderati, si ricorda anche il ritorno di Sacchi al Milan dopo l’esperienza alla guida della Nazionale e quello di Zeman, tornato sia al Foggia che alla Roma…
È proprio vero: a Napoli moltissime persone soffrono di “memoria selettiva” e ricordano soltanto ciò che vogliono e fa loro comodo ricordare.
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