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I nove punti tra Milan e Napoli erano un delitto

Un divario incomprensibile data la qualità delle due rose. A San Siro la squadra di Gattuso ha saputo cambiare quadro tattico in corsa

I nove punti tra Milan e Napoli erano un delitto

Elogio della qualità

Stefano Pioli, nelle interviste del postpartita, ha sottolineato più volte quanto il Napoli sia «una squadra di qualità». In effetti è proprio ciò che è emerso sopra ogni altra cosa dalla sfida di San Siro tra gli azzurri e il Milan: la distanza in classifica, il diverso percorso in Europa e, inevitabilmente, la percezione rispetto al rendimento stagionale, non rendono giustizia al reale valore delle squadre a disposizione di Gattuso e Pioli. Cioè, il fatto che il Napoli sia così lontano dal Milan – che poi, in realtà, gli azzurri sono solo a sei punti dai rossoneri, e tra l’altro hanno anche una gara da recuperare – era ed è da considerare come un delitto. O meglio: è del tutto incomprensibile, data la qualità assoluta delle due rose.

Il Napoli, infatti, ha giocato a San Siro nella maniera giusta, esatta, anzi perfetta per la gara in questione. Ha gestito la partita con intelligenza, comprendendone i momenti e adattandosi di conseguenza. È stata una squadra sorniona e camaleontica, come doveva essere e sembrava potesse essere a inizio anno. Poi però sono arrivati gli infortuni e le assenze – eventi che in realtà sono capitati a tutti, in questa stagione così balorda – e Gattuso ha finito per perdersi.

Ora, invece, il tecnico calabrese e i suoi uomini stanno dimostrando di essere tornati a credere in ciò che fanno. E contro il Milan hanno fatto vedere di saper fare tante cose, anche molto diverse tra loro: gestire il pallone; ripartire in velocità; contenere e resistere contro un avversario dall’impatto fisico maggiore e con una proposta di gioco, chiara, strutturata. Sono riusciti a fare tutto questo dall’alto della loro qualità, che (finalmente) non si sta esprimendo più assecondando un singolo spartito, piuttosto trasformandosi nel corso della stessa gara.

Il primo tempo

Milan-Napoli è stata una partita composta da tante partite. Il Napoli le ha affrontate tutte nel modo giusto, a cominciare dall’approccio dei primi minuti. Anzi, dalle scelte di formazione: 4-2-3-1/4-4-2 per entrambe le squadre, schierate praticamente a specchio nelle vare fasi di gioco. Ciò che cambiava erano gli obiettivi tattici, soprattutto in fase offensiva: nel primo tempo, infatti, il Milan ha cercato fin da subito di imporre un ritmo alto alla gara, tenendo il pallone in aria (33 passaggi alti contro i 23 del Napoli nei primi 45′) e spostando in avanti i due terzini.

I rossoneri, in fase attiva, giocavano in realtà con Tonali che retrocedeva in mezzo a Tomori e Gabbia per impostare il gioco dal basso, mentre Kessié rimaneva qualche metro più alto; contestualmente, Theo Hernández e Dalot salivano molto sulle corsie, determinando una sorta di 3-3-3-1 che – in teoria – avrebbe dovuto creare connessioni semplici sia in ampiezza che per vie centrali.

La difesa a tre del Milan in fase di costruzione: Tonali fa la salida lavolpiana tra i due difensori centrali che si allargano, mentre i terzini sono altissimi e larghissimi (al punto di essere fuori inquadratura in questo frame).

Il Napoli ha risposto con un calcio più riflessivo e sofisticato, diciamo pure più flemmatico, ma anche piuttosto efficace. All’intervallo, infatti, gli azzurri non solo avevano una percentuale superiore di possesso palla (52%-48%) ma avevano anche creato di più in fase offensiva: 8 tiri contro 5 dei rossoneri, di cui 4 dall’interno dell’area di rigore. Dal punto di vista tattico e dei meccanismi, questa superiorità territoriale si è espressa soprattutto nella continua ricerca dei giochi sulla fascia sinistra, su cui gli azzurri hanno costruito il 53% delle proprie azioni, grazie a Insigne – che ha addirittura spadroneggiato: 52 palloni giocati solo nel primo tempo con il 94% di accuratezza – ma anche grazie al sostegno puntuale e preciso di Zielinski, ormai perfettamente a suo agio nel ruolo di sottopunta. E a una grande prestazione di Hysaj.

In alto, un frame in cui il Napoli concentra il suo gioco sulla sinistra: si noti come Zielinski si associa da quella parte, creando una linea di passaggio ulteriore; sopra, tutti i palloni toccati dal centrocampista polacco (in questo campetto, il Napoli attacca da destra verso sinistra).

Sono nate proprio a sinistra, oppure grazie ai movimenti difficilmente leggibili di Zielinski, le occasioni da gol costruite dal Napoli nel primo tempo. Dall’altra parte del campo, invece, il Milan è stato (relativamente) pericoloso solo quando Theo Hernández è riuscito ad avanzare e a entrare nel campo per esercitare regia offensiva dal suo lato. In tutte le altre situazioni di gioco, la squadra di Gattuso ha retto benissimo, anzi ha concesso pochissimo agli avversari. Merito di una condizione fisica apparsa (finalmente) in crescita, ma anche di uno schieramento non troppo schiacciato nella metà campo difensiva. Anzi, i dati evidenziano come in realtà il Napoli abbia tenuto un baricentro addirittura più alto rispetto al Milan, una squadra che pratica un calcio molto verticale e quindi dovrebbe cercare di rimanere molto alta, sul campo da gioco.

I dati sul baricentro nei primi 45′ di gioco.

Il gol che ha cambiato la partita

Proprio come ha spiegato Pioli, la realtà è che il Milan non ha offerto la miglior prestazione possibile. La squadra rossonera non è riuscita a esprimersi come in tante altre gare di questa stagione. Non solo dal punto di vista del puro rendimento individuale e collettivo, ma proprio per quanto riguarda il suo atteggiamento tattico. Il tecnico rossonero, nell’intervista rilasciata a Sky nello studio postpartita, ha parlato di «tanti errori tecnici» e anche di «fare le cose a metà», riferendosi al fatto che la sua squadra non sia stata in grado di essere «aggressiva fino in fondo», di «spezzare la linea difensiva in transizione». Ovverosia, di far valere l’esuberanza atletica e difensiva che ha permesso al Milan di essere così efficace, e anche piacevole da veder giocare, da un anno a questa parte.

Il gol di Politano

Entrambe queste mancanze si sono manifestate nel gol realizzato da Politano. Come si vede chiaramente nel video appena sopra, il Milan sbaglia un appoggio piuttosto semplice con Dalot (errore tecnico), ma poi i giocatori rossoneri non riescono a uscire velocemente (a parte Meité, che però viene superato da Zielinski e Hysaj con un ottimo uno-due), a essere aggressivi, sia quelli della linea difensiva (Tomori e Gabbia) che quelli impegnati in fase di rientro (Calhanoglu). I due terzini sono molto alti e molto larghi, farebbero fatica a rientrare in ogni caso.

Ed è proprio questo il punto colto dal tecnico rossonero: una squadra che vuole giocare in maniera così aggressiva e ambiziosa deve farlo sempre, con tutti i suoi uomini. Altrimenti rischia di essere presa di infilata proprio in questo modo. Non è un caso che Pioli, sempre nelle interviste del postgara a Sky, abbia parlato di «transizione sbagliata in riferimento al gol».

Da qui in poi, la partita non è stata più la stessa. Perché a quel punto il Napoli si è (sapientemente) trasformato, iniziando a gestire il flusso di gioco – il proprio atteggiamento, ma anche gli avversari – piuttosto che a dominarlo attraverso il possesso. Differentemente da quanto fatto nella prima frazione di gioco, infatti, la squadra di Gattuso ha iniziato a lasciare che il Milan tenesse il pallone. Si è abbassata a protezione della sua metà campo, riducendo di molto il suo baricentro.

Un’enorme differenza rispetto al primo tempo.

Questo dato posizionale va affiancato a molte altre statistiche: dal 50esimo minuto in poi, infatti, il Milan ha avuto un dato di possesso palla pari al 62%; è stato molto più preciso nei passaggi (86%-77%) e ha schiacciato il Napoli nella sua metà campo. Quest’ultima affermazione, però, va pesata. Perché, e il punto è proprio questo, è stato il Napoli a saper comprendere i momenti della partita. E a sfruttarli a proprio vantaggio.

Infatti il predominio territoriale della squadra di Pioli non ha portato a una netta superiorità nella produzione di palle gol (7 tiri a 5 per i rossoneri). Anzi, le occasioni davvero pericolose del Milan sono state appena 2, vale a dire il colpo di testa di Gabbia su palla inattiva e un tiro ravvicinato ciccato da Rafael Leão. Dall’altra parte del campo, invece, Fabián Ruiz ha avuto un’altra (doppia) chance al termine di un’azione costruita con le stesse armi del primo tempo: qualità tecnica nel palleggio; regia di Insigne e scambi sofisticati sulla sua fascia, con l’aiuto di Zielinski; supporto da parte dei centrocampisti.

Una splendida azione

Il finale è stato convulso solo a causa della gestione poco convincente da parte dell’arbitro Pasqua. Per il resto, il Napoli ha contenuto anche i cambi effettuati da Pioli: con Saelemaekers, Rebic e Brahim Díaz, il Milan è parso più tonico nei giochi sulle fasce, ma in realtà l’occasione più pericolosa è stata quella di Osimhen, autore di una prova solo apparentemente confusionaria dopo il suo ingresso in campo al posto di Mertens.

Il centravanti nigeriano, infatti, ha permesso al Napoli di alleggerire molto la tensione difensiva grazie alla sua tendenza ad allungare il campo offensivo. Dal 60esimo fino a fine gara, gli uomini di Gattuso hanno servito un passaggio lungo per 5 corti, contro un rapporto di uno su 10 nel primo tempo. Nello stesso periodo di gioco, il Milan ha tentato un lancio lungo ogni 13 passaggi corti. Questo è un altro segnale di come il Napoli abbia presidiato benissimo gli spazi in fase difensiva.

Lo spirito giusto

Il Napoli del secondo tempo non è stata solo una squadra (finalmente) camaleontica, in grado di gestirsi e gestire bene il mondo intorno a sé. È stato anche un gruppo di calciatori che ha mostrato lo spirito giusto, cioè lo spirito che serve per poter venire a capo di certe partite. L’adattamento tattico è stato infatti assecondato anche da una prestazione di grande sostanza fisica, e i dati confermano questa sensazione: nei secondi 45′ di gioco, gli azzurri hanno vinto 13 duelli aerei (contro i 6 vinti dal Milan); hanno messo insieme 37 eventi difensivi (tra palle spazzate, intercettate e respinte) contro i 15 dei rossoneri; hanno tentato (22-13) e vinto (15-10) più contrasti rispetto agli avversari.

In questo contesto, Koulibaly, Maksimovic e soprattutto Elseid Hysaj hanno offerto una prestazione davvero eccellente – all’albanese va anche il merito di aver dato un supporto perfetto sul lato di Insigne, e di aver propiziato il gol di Politano. Anche Demme ha offerto un contributo prezioso (primo giocatore in campo per numero di contrasti vinti, 5), e anche in virtù della sua copertura Fabián Ruiz ha potuto essere un riferimento costante a tutto campo, in fase di impostazione ma anche come supporto alle manovre offensive – a fine gara, lo spagnolo ha messo insieme 6 passaggi lunghi precisi su 7 tentati, 2 passaggi chiave e 3 tiri tentati, di cui uno finito nello specchio della in porta.

Tutti i palloni giocati da Fabián Ruiz.

Conclusioni

La gara contro il Milan dà certamente ragione a Gattuso – senza assenze, il Napoli avrebbe avuto un rendimento migliore nei primi mesi del 2021. Allo sesso tempo, però, fa emergere tantissimi rimpianti per il mancato sfruttamento del valore della rosa in alcuni periodi dell’anno. Al Napoli sono mancate le alternative, certo. Ma a un certo punto sembravano del tutto assenti anche quegli stimoli tattici necessari per andare oltre una determinata soglia di rendimento – che poi era proprio quella imposta dal valore della squadra in quel momento. Dopotutto anche a San Siro, ieri, è andata così: il Napoli ha espresso un calcio di qualità perché è andata in campo una squadra di qualità, come ammesso anche da Pioli.

La capacità di modificare l’approccio tattico durante la gara nasce dalla qualità, dalla vastità delle opzioni, ovviamente anche dall’abilità dell’allenatore di cambiare le carte in tavola al momento opportuno. Certo, Gattuso non ha avuto grandi possibilità di farlo nel periodo critico; ma allo stesso tempo il Napoli che abbiamo visto per circa un mese e mezzo è stata una squadra troppo povera per poter assolvere l’allenatore calabrese.

Ora, il Napoli e il suo tecnico hanno un’occasione: possono rilanciarsi nel finale di stagione. Servirà una squadra come quella vista a Milano, in cui le qualità dei giocatori– di base molto diverse tra loro – e la loro intuitività adattiva vengano assecondate dall’allenatore. Dalle sue scelte, dalla sua elasticità. La settimana lunga di preparazione, in questo senso, può aiutare. Ha già aiutato. È impensabile che il Napoli possa o debba accettare questo atteggiamento che mette in secondo piano il palcoscenico europeo – e infatti Gattuso pare destinato ad andar via al termine della stagione, in ogni caso – ma in quest’annata così strana, inevitabilmente di transizione, può essere in qualche modo tollerata. A patto raggiungere il quarto posto.

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