Kareem Abdul Jabbar: “La vecchiaia per un campione è un tradimento. E’ come affrontare la morte”
Il mitico pivot dei Lakers scrive sul Guardian: "Dominare lo sport dopo i 40 anni è come cedere la propria identità. Come ti vedi. Come ti vedono gli altri. Il tuo valore come essere umano"

Gli atleti vecchi. Gli over 40 che ancora dominano. I simboli di un diverso stadio dello sport professionistico, in cui la mente è tutto e il corpo è un accessorio a volte persino fastidioso. Gli esempi non sono tantissimi, ma sono casi eccezionali. Uno di questi è Zlatan Ibrahimovic, ce l’abbiamo in Serie A. Un altro è Tom Brady, il miglior quarterback di tutti i tempi che domenica proverà a vincere il suo settimo Super Bowl a 43 anni: il più anziano giocatore attivo della NFL dopo 21 stagioni di Football americano.
Un altro emblema di superstar “anziana”, il mitico Kareem Abdul Jabbar, centro degli altrettanti mitici Lakers, scrive per il Guardian una specie di trattato su cosa significa dominare lo sport in età avanzata.
“Avevo 42 anni quando mi sono ritirato dai Lakers. Dopo 20 stagioni, avevo molti record NBA e pochissimi capelli. Alcuni di questi record sono stati battuti, altri devono ancora essere battuti. Ho imparato alcune lezioni sull’essere un atleta di mezza età in un campionato in cui l’età media è di 26 anni, che è anche l’età del giocatore medio della NFL. Alcune di queste lezioni riguardavano il gioco, altre l’essere un giocatore – e sono due cose molto diverse“.
“Giocare a livello pro contro atleti ben allenati di 20 anni più giovani è una sfida. Il campo sembra molto più lungo, le gambe sembrano più pesanti, il canestro sembra più piccolo. È allora che ti trovi faccia a faccia con quello che i filosofi chiamano il dilemma mente-corpo: il rapporto tra la coscienza della mente e quell’ostinato sacchetto di carne che è il tuo corpo. Come giovane atleta, la mente e il corpo sembrano inesorabilmente intrecciati, i migliori amici che si divertono con stimoli e ricompense reciproche. In altre parole, la mente dice al corpo cosa fare, il corpo obbedisce ed entrambi godono dei risultati. Ma invecchiare per un atleta è un tradimento. Il corpo non risponde con la stessa rapidità, la stessa intensità, la stessa precisione. Il tuo migliore amico è diventato un compagno che si lamenta, che si lamenta di correnti d’aria fredda, per il mal di schiena e le ginocchia doloranti. Quando sei giovane, il tuo unico avversario è l’altra squadra. Quando sei più vecchio, hai due avversari: l’altra squadra e il tuo corpo riluttante”.
“È allora che fai una tregua con il tuo corpo. Per continuare a giocare a un livello d’élite, prometti di trattarlo meglio, mangiare più sano, fare più stretching, trovare l’equilibrio nella tua mente per lenire il corpo. Io l’ho fatto attraverso lo yoga e le arti marziali. Mi hanno dato più controllo sul mio corpo e mi hanno aiutato a ridurre il numero di infortuni. Mi hanno aiutato a essere consapevole di ciò che potevo e non potevo fare, ma mi hanno permesso di sforzarmi per esibirmi ai miei massimi livelli. Per Brady si tratta di frullati, massaggi, fasce di resistenza, esercizi per il cervello online e un regime dietetico rigoroso, con una pizza ogni tanto”.
“L’atleta che sta invecchiando sente un brontolio assillante un loop nel cervello: “Ce l’ho ancora? Appartengo ancora a questo gioco? Non metterti in imbarazzo…”. In un modo molto viscerale, è come affrontare la morte. Non la cessazione delle funzioni corporee, ma piuttosto la cessazione della propria identità. Come ti vedi. Come ti vedono gli altri. Il tuo valore come essere umano. C’è una grande differenza tra essere un giocatore attivo che si guadagna nuovi riconoscimenti ed essere un giocatore in pensione che riposa sui risultati del passato. Man mano che questi risultati diventano più piccoli nello specchietto retrovisore, ti senti più come un impostore che li munge ancora tanti anni dopo”.
Kareem Abdul Jabbar scrive che questo è il motivo per cui s’è reinventato attivista e scrittore:
“Nella scelta di una nuova carriera, avevo bisogno della stessa sfida che avevo da atleta, solo che questa volta il corpo si sarebbe riposato e la mente avrebbe preso il comando. Ho scritto articoli di politica e cultura popolare, libri sulla storia afroamericana, romanzi, graphic novel, film e sceneggiature televisive. Fortunatamente sono stato preso sul serio”.
E chiude così:
“E’ nella fase avanzata della tua carriera che decidi che tipo di giocatore vuoi essere anche dopo il ritiro. A parte la tua eccellenza nel tuo sport, cosa rappresenti, quali valori rappresenti? Che eredità vuoi lasciare?”.