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E anche questa Europa League ce la leviamo…

“Ma che ci qualifichiamo a fare?”. E’ una mentalità-gramigna, mai estirpata: se usciamo potremo dedicarci al nostro obiettivo stagionale, il quarto posto. Che sconforto

E anche questa Europa League ce la leviamo…

Vuoi mettere il giovedì “partitella in famiglia”? Quella accogliente programmazione che teneva fuori da Castelvolturno il fracasso delle coppe Europee, delle trasferte all’estero, le tossine e l’acido lattico nemici del campionato italiano. Dalla prossima settimana, se tutto va bene – cioè… male – si torna alle nostre cose spicciole: il recupero, la preparazione, il richiamo, gli schemi, la vigilia del big match con lo Spezia di Italiano. Potremo finalmente allenare la costruzione del gioco da dietro! Traslitterando quel tale che con sobrietà ce l’aveva col Natale: e anche questa Europa League ce la siamo levati eccetera eccetera.

Con molta più disillusione potevamo metterla in altro modo:

“Ora è inutile pensare se ci qualifichiamo o no, dove si va con dieci uomini? Dobbiamo recuperare energie e giocatori. Perché dove si va se passiamo e non recuperiamo giocatori”

Raggomitolati come siamo nello sconforto, con tutto il kit dell’autocommiserazione a portata di mano – cleenex, lacrimoni, vascone di gelato alla stracciatella, alibi e infortuni – abbiamo lasciato andare l’Atalanta via verso il Real Madrid senza renderci conto di dove ci troviamo. Il Napoli è tornato al 2010, la beata fanciullezza d’una squadra che senza nulla a pretendere s’affacciava all’Europa per restarci invischiata nel successivo decennio, rivendicando con orgoglio il filotto alternato di Champions ed Europa League.

Ma ci siamo tornati facendo tutto il giro. L’idea che la grandezza fosse quella cosa lì, giocare sempre, competere ogni tre giorni, su tutti i fronti, contro un’enormità a volte desolante a volte eccitante di squadre mai viste prima, sta sfumando nella stanchezza. Nella depressione. Era un tranello. Ora aspettiamo con terrore il Granada, intimamente convinti di non riuscire a ribaltare un 2-0 preso dalla squadra nona della Liga. Quasi speranzosi, peraltro. Perché, “inguaiati” come stiamo, che senso ha andare avanti in Europa? Ci toglie energie, mentali e fisiche, dal nostro vero obiettivo. Che è, quest’anno, il quarto posto.

Se ancora un po’ di lucidità ci resta, avvertiamo chiaro il senso di ridimensionamento ambientale. Una volta lo svilimento delle ambizioni internazionali per dedicarci meglio alle cose nostre – patologico, anche allora -, era giustificato dal traguardo. C’era lo scudetto, a morale e parziale giustificazione. Ora c’è il quarto posto. L’anno prossimo cosa ci aspetta?

Domenica il Napoli che per un decennio s’è cantato giustamente la nenia della grande realtà europea (come fanno talvolta i bambini per prendere sonno da soli) ha perso contro l’Atalanta che domani affronta il Real Madrid. In un capovolgimento di ruolo devastante: loro, belli e vincenti, convinti di poter gestire tre competizioni compresa la più ambita. Noi, sconfitti a capo chino, avviati lentamente al patibolo. “No, mo pure il Granada. Ma quando finisce?”. È un’agonia.

Ma non nascondiamoci. È una mentalità, questa, che nessuno è riuscito ad estirpare da questi terreni. Una gramigna. Non ci sono riusciti Benitez e Ancelotti. E nemmeno il Napoli di Sarri che pure in Europa ad un certo punto ci invidiavano, senza che lo stesso tecnico della “grande bellezza” riuscisse a scavalcare l’ostacolo mentale: vie le coppe vinciamo lo scudetto. O lo perdiamo a 91 punti, che fa lo stesso no?

Altrove è una teoria di ripiego. L’Inter vincerà davvero questo scudetto (anche) perché s’è fatta eliminare da tutto il resto in autunno e ora può gestire una sovrabbondanza di rosa in faccia ai poveri pellegrini europei, costretti a giocare le coppe ogni tre giorni. Ma fa di necessità virtù: Conte mai avrebbe voluto lasciare l’Europa agli altri per la tranquillità dei cinque allenamenti settimanali. Qui invece – sarà il momentaccio – una parte di noi s’è fatta prendere da un cieco nichilismo. Meglio la rimozione, l’abbandono, il forfait. Camuffato da accorto realismo: finalmente senza altri impegni potremo dedicarci al campionato. Una liberazione. Guarda come campa bene il Crotone: giovedì partitella, poi gnocchi. Che invidia.

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