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Chi lo ha detto che per fare l’allenatore serve per forza avere esperienza?

POSTA NAPOLISTA – Come insegnano i casi Capello Guardiola Zidane. Ecco perché il Napoli potrebbe puntare adesso su Grava o Hamsik o Paolo Cannavaro

Chi lo ha detto che per fare l’allenatore serve per forza avere esperienza?
Gianluca Grava
Nei giorni scorsi, alla domanda “se il Napoli dovesse effettivamente esonerare Gattuso, chi dovrebbe prendere al suo posto?”, ho risposto che, a questo punto, andrebbe bene anche promuovere Grava allenatore della prima squadra, o uno come Hamsik o Paolo Cannavaro e affiancare loro qualcuno in possesso del patentino di Serie A. Non l’avessi mai detto. “Per allenare a certi livelli serve esperienza, bisogna fare la gavetta, non si può buttare allo sbaraglio un debuttante su una panchina importante come quella del Napoli”.
Eppure, se andiamo a vedere, non sempre è così…
Nell’estate 1991 il Milan di Silvio Berlusconi, per sostituire l’allenatore Arrigo Sacchi (vincitore di un campionato, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, due Supercoppe Europee e una Supercoppa Italiana, pur essendo un esordiente in Serie A), chiamò in panchina l’inesperto Fabio Capello, che fino a quel momento aveva allenato solo la Primavera rossonera ed era stato il vice di Nils Liedholm nella stagione 86/87, subentrando allo stesso nelle ultime sei gare di campionato. Nonostante avesse all’attivo solo sei panchine di A e la guida della Primavera, Capello divenne negli anni uno degli allenatori più titolati al mondo, conquistando quattro scudetti col Milan, due col Real Madrid e uno con la Roma (più due con la Juve poi revocati dalla giustizia sportiva), una Champions League col Milan, una Supercoppa Europea e quattro Supercoppe italiane.
Nell’estate 2008, l’allora Presidente del Barcellona Joan Laporta, per sostituire in panchina Frank Rijkaard, chiamò in panchina un debuttante Pep Guardiola che fino a quel momento aveva allenato solo per un anno la squadra riserve del Barcellona in “Tercera Division” che, a dispetto del nome, non è la terza divisione del campionato spagnolo, bensì la quarta, dal momento che in Spagna, tra la “Primera Division” (la Liga) e la“Tercera” vi sono la “Secunda Division” e la “Secunda Division B”; ebbene, nonostante un’esperienza di allenatore pressoché inesistente, Guardiola come tecnico ha vinto tre campionati spagnoli, tre campionati tedeschi, due campionati inglesi (e quest’anno probabilmente vincerà il terzo), due Champions League, tre Supercoppe Europee, tre Mondiali per Club, due Coppe e tre Supercoppa di Spagna, due Coppe di Germania, tre Coppe di Lega Inglese, una Coppa di Inghilterra e due “Community Shield” (l’equivalente della Supercoppa inglese).
Nell’estate 2015, invece, fu la volta del Real Madrid che, per sostituire l’esonerato Rafa Benitez, chiamò in panchina l’esordiente Zinedine Zidane le cui uniche esperienze da tecnico, fino a quel momento, erano state un anno come vice di Carlo Ancelotti al Real Madrid e un anno e mezzo alla guida del Real Castilla (la squadra riserve del Real Madrid) in “Secunda Division B” (che, come visto, rappresenta la terza divisione spagnola); anche in questo caso, il “senza esperienza” Zidane è diventato uno dei tecnici più vincenti, avendo conquistato, alla guida dei madrileni, due campionati spagnoli, tre Champions League, due Mondiali per Club, due Supercoppe Europee e due Supercoppe di Spagna.
Ovviamente, si tratta di tre squadre (il Milan, il Barcellona e il Real Madrid) superblasonate che, come visto, non hanno avuto alcun timore e/o riserva ad affidare la prima squadra a tecnici senza alcuna esperienza in massima serie (e la lista si potrebbe allungare contemplando le esperienze, più o meno fortunate, dei vari Leonardo, Di Matteo, Lampard, Arteta, Stramaccioni, Simone Inzaghi, etc), ma lo stesso è accaduto anche in alcune squadre meno quotate; il caso più recente è quello dell’Udinese che, lo scorso anno, dopo l’esonero di Tudor, ha affidato la guida tecnica a Luca Gotti (le cui uniche esperienze di allenatore le aveva maturate nelle serie inferiori o da vice/collaboratore tecnico) che ha condotto i friulani ad una tranquilla salvezza al 13.imo posto (35 punti conquistati nelle nelle 28 gare sotto la sua gestione) e lo stesso sta facendo anche quest’anno.
Ergo, come visto, la famosa esperienza, la tanto decantata gavetta, etc non sempre rappresentano condizioni necessarie e sufficienti per poter allenare in massima serie. A volte, in determinate circostanze, serve anche un po’ di coraggio, quel pizzico di follia, il colpo di genio: nella vita, per avere successo, qualche volta bisogna anche osare e lanciarsi in avventure che all’inizio sembrano proibitive e senza speranze. Del resto, come recita il famoso adagio “Chi non risica, non rosica” (o, per dirla alla Napoletana, “chi nun tene curaggio, nun se cocca cu ‘e femmene belle)!
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